5 Verbi per descrivere la nostra pandemia

L’anno della grande epidemia è stato l’anno dell’inatteso. Nessuno avrebbe potuto immaginare che le vite di tutti sarebbero state travolte e cambiate per sempre.

A Bologna il 2019 era finito come sempre in piazza Maggiore, nel rito collettivo del rogo del vecchione. Questa volta l’anno vecchio era stato rinchiuso fra centinaia di cassetti di legno che i cittadini avevano portato e accatastato per il fuoco. I cassetti bruciati avevano lasciato nella cenere parole, come fossero antidoti: le parole da trovare per le cose da salvare e portare con sé nel futuro.

Nei cassetti si conservano (nascondono) le cose più intime: le lettere, i diari, le agende scadute, le vecchie fotografie, gioielli, piccoli oggetti di famiglia. Ricordi di tempi passati e di persone care che non ci sono più.

Nella mia città il rogo dei cassetti ha inaugurato l’anno della perdita.

In questi ultimi 2 anni tutti hanno perso qualcosa o qualcuno, ma le persone sole (per scelta o per le storie della vita) si sono trovate ad essere ancora più sole, spesso in compagnia di molti ricordi. Molti di noi hanno avuto la possibilità e l’occasione di fermarsi a pensare a cose difficili perché molti di noi hanno avuto il tempo e lo spazio per provare sentimenti nascosti o che, nel corso della vita, avevano ritenuto di dover nascondere.

Ci sono cose difficili da dire. È difficile e doloroso riaprire i cassetti, ma in questi 2 anni difficili abbiamo parlato di più fra di noi, abbiamo scambiato parole tenute prima “segrete”, che portavano con sé quei sentimenti difficili che si fa fatica anche a citare.  Le “cose” più dolorose e segrete, quelle tenute in fondo ai cassetti, quelle non dette, a volte vengono fuori quando si scrive, quasi senza accorgersene.

L’Italiano è una lingua bellissima perché possiede parole che contengono tantissimi significati a seconda di come, quando le si usa e di chi le fa sue. Anche i verbi sono così, allora con alcune colleghe abbiamo pensato di fare leva su questa ricchezza di significati e indentificare 5 parole che potessero aprire spazi di pensiero riaffiorato durante il tempo del confinamento.

perdere per le persone: il coniuge, un figlio, un genitore, la salute, la casa, il lavoro, la speranza, la vita, al gioco; sciupare tempo, essere sconfitti; per le cose: avere un foro, esaurire potenza;
provare: mettersi alla prova, indossare, sentire (sentimenti), tentare, indebolire, collaudare, analizzare;
vestire, vestirsi: indossare, coprire, addobbare, portare, mascherare;
usare: utilizzare, servirsi, abbandonare, gettare via (cose usate), praticare;
cambiare, cambiarsi: correggere, evolvere, migliorare, modificare, mutare, trasformare, variare, alternare, avvicendare, convertire, invertire, ricambiare, rovesciare, scambiare, sostituire.

Allora perché non provare a parlare di noi? Di quello che abbiamo perso? Di come abbiamo imparato a vestirci di nuovi abiti, di come siamo cambiate/i e di come abbiamo usato il tempo e le nostre capacità per ricominciare e continuare a vivere?

È possibile scrivere delle nostre perdite in generale o della perdita di autonomia o della condizione di vedovanza, nella quale molte di noi si sono trovate e sono? E di cosa si prova a vestire questi nuovi panni? Ci sentiamo riconosciuti o ci sentiamo stranieri? In quali riti, tradizioni e abitudini troviamo conforto? Di quale sofferenza e solitudine è intessuta la nostra vita, e di quali cambiamenti, sorprese e speranze? Quale vita nuova ci ha lasciato la morte o la perdita: quali affetti, amicizie, amori, memorie da custodire.

Pensiamo che condividere questi racconti sia un po’ come condividere una ripartenza, una rinascita.

Vi proponiamo di inviarci la vostra riflessione, non servono lunghi racconti bastano 50 parole che sono più o meno 3 frasi o 3 righe, che contengano qualcuno dei verbi che abbiamo indicato. Ma chi preferisce può mandare anche solo 1-5 frasi collegate fra loro a costruire una specie di poesia o sintesi dei propri pensieri.

Immagini
Scrivere e ricordare

Lockdown, parola inglese, terribile, che significa confinamento, ovvero essere mandati a vivere in un luogo diverso dal tuo ambiente naturale. La dittatura fascista mandava al confino i suoi nemici, quando non li uccideva. La pandemia di Covid 19, che ha portato il mondo a vivere in emergenza sanitaria, ci ha confinato nelle nostre case, non in luoghi lontani fortunatamente, ma ha sconvolto le nostre abitudini, ugualmente.
Nei lunghi mesi di isolamento, necessario per spegnere un'epidemia devastante, abbiamo perduto
il gusto dello stare insieme, la condivisione della nostra presenza, il parlare per scambiarsi semplicemente le parole, abbiamo perso la socializzazione, stravolto la nostra normalità di vita.
In quei momenti di solitudine ci siamo interrogati e messo a dura prova la nostra capacità di convivere con la persona, compagna della nostra vita, per un tempo molto lungo. Non per tutti è stato così, io ho scoperto un nuovo modo di convivere e di ritrovarsi sempre lì insieme, un farsi coraggio e la forza di continuare e questo mi ha aiutato a superare l'isolamento forzato.
L'isolamento non ci ha tolto il gusto di vestirci, non siamo rimasti chiusi in casa con pantofole e vestaglia, non abbiamo acquistato abiti nuovi, anche perchè i negozi di abbigliamento erano chiusi, ma abbiamo forse scoperto vestiti che erano rimasti in fondo all'armadio e ci siamo vestiti pronti ad uscire di casa e quanto l'abbiamo desiderato questo uscire a respirare un pò d'aria. Un nuovo capo d'abbigliamento, se così lo si può chiamare, l'abbiamo aggiunto: la mascherina, che oltre a proteggere le nostre vie respiratorie, ha nascosto tanti difetti del nostro volto, lasciando scoperti i nostri occhi e quanti occhi belli abbiamo visto in giro, specchi di anime belle.
Quando usciremo da questo incubo nessuno può dirlo. Tante nostre abitudini sono cambiate, alcune in meglio, altre in peggio. Ritroveremo la nostra "normalità" d'un tempo? Come saremo cambiati?
Nulla sarà probabilmente come prima, dovremo approcciarci in maniera nuova alle persone che incontreremo e leggeremo nei loro sguardi la sofferenza di chi ha perduto una persona cara, causa il Covid 19 e la solitudine di chi è rimasto solo. Troveremo persone che sono diventate più fragili ed avranno bisogno del nostro aiuto, sapremo darlo? Proviamoci.
Nel frattempo siamo stati vaccinati e speriamo che questo ci aiuti a superare l'emergenza sanitaria ed il confinamento, nel frattempo muniamoci del Green Pass e speriamo.
 

Gabriele Vitali

11 Agosto 2021

I Verbi che ho coniugato durante il Covid: Sfidare

Vado con la mente all' inizio dell'anno del 2020 e alla speranza di ciò che di buono mi avrebbe potuto arrecare. Poi subito il pensiero corre ad un virus sconosciuto che, in incognito, si aggirava per le strade di una lontanissima cittadina cinese: Wuhan. Che male poteva mai fare a me qui in Italia a migliaia di chilometri di distanza? Per quel virus fu cercato un nome altisonante, addirittura Corona venne scelto per lui come se già si sapesse che, davanti a lui, ci dovessimo inchinare. Assieme al prestigioso nome ci era stato presentato, con le sue sembianze accattivanti e gradevoli alla vista. Lo rivedo così sferico di un colore rosa fucsia intercalato da spennellate di blu cobalto e con le sue ventose pronte ad aggrapparsi addosso a chicchessia prediligendo però gli ultrasettantenni, mentre cerco un verbo che sappia caratterizzare la sua primissima comparsa in Italia a cui io possa associarlo. Ecco l'ho trovato: Sfidare. Purtroppo allora non potevo sapere di cosa era capace quell'invisibile maledetto.

Senza che ce ne rendessimo conto e senza mostrare uno straccio di lasciapassare, il virus era entrato alla chetichella in Italia e improvvisamente era deflagrato trovandoci impreparati, inermi e disorientati. Ancora non lo sapevamo ma ci apprestavamo a vivere un lungo periodo veramente funesto. Arrivò il 23 febbraio 2020, di un anno bisestile, una data che ricorderò a lungo perché tutto, attorno a me, cambiò.

Quella mattina le scuole di Bologna restarono chiuse: "Solo per una settimana!” era stato annunciato. Purtroppo la chiusura si prolungò fino alla fine dell'anno scolastico. Questo significava che un bambino di sette anni , già svantaggiato perché aveva dovuto lasciare la sua terra di origine , sarebbe rimasto tagliato fuori e non lo trovavo giusto. Chiesi a mia figlia di collegare il mio PC alla Classroom. “Sai cosa stai facendo?” Mi domandò.

“ Una mamma e i suoi due figli è morta davanti alla porta di casa perché le è crollato il cornicione addosso.” Le risposi intendendo dirle che la morte non ha regole, sa solo essere crudele, beffarda, iniqua... e questo lo avevo già ampiamente sperimentato.

Da quel momento io ottantaduenne con quarantennali problemi di asma ho deliberatamente sfidato il Coronavirus e anche le disposizioni governative. Fortunatamente lui, il virus Covid 19, questo divenne il suo nuovo nome, non mi ha preso in considerazione, non ero un tipo a lui appetibile e nessun agente ha fermato una mamma e un bambino che facevano i pochi metri che separano le nostre case. Durante il periodo in cui la TV proponeva la dolorosa vista dei camion pieni di bare da trasportare negli inceneritori, il destino però si è divertito a giocarmi un brutto tiro. Improvvisamente Taif si è ammalato con febbre, tosse e, soprattutto, i famigliari me lo hanno nascosto: “Non posso venire perché ho la febbre, ma non te lo devo dire!” Io ho avuto, per una settimana, una grande paura ed è iniziata l'attesa sperando che non si trattasse di Covid 19. Giorni passati lentamente scanditi dal termometro che, in continuazione, provava la mia temperatura. Non è stato semplice superarla nel silenzio e nella solitudine più totale. Poi Taif è guarito e la mia sfida è continuata come prima con la sola variante che per diverso tempo ho proseguito, ad oltranza, il rito del provarmi la febbre : mai meno di sei volte al giorno.

11 Agosto 2021

I Verbi che ho coniugato durante il Covid: Cercare

Un venerdì pomeriggio passato in allegria al Centro Stella: chiacchiere, progetti sul da farsi, gioco del burraco e infine merenda condivisa. Poi l'arrivederci alla prossima settimana che, per lunghi mesi, non ci fu.

Eva si diresse all'automobile Rosanna la seguì. Vittoria mi disse che si sentiva molto stanca e febbricitante... ”Vuoi un passaggio?” mi chiese Eva...Rifiutai, avevo voglia di fare una breve camminata. Poi il Centro chiuse e iniziarono le telefonate. Vittoria ci disse che  aveva  un inizio di influenza e che il dottore la stava curando. Poi passarono pochi giorni e il cellulare di Vittoria suonava, suonava, suonava... ma lei non rispondeva mai, neppure alle amiche più care. Iniziammo a preoccuparci, nessuna di noi, però, ebbe il coraggio di dire ciò che tutte pensavamo. Cercammo un modo per rintracciarla, ma con il Centro chiuso avevamo pochi elementi. Conoscevamo l'edifico dove abitava, ma non il numero civico, sapevamo il nome del figlio e la professione, ma non il cognome e noi tutte, causa il Covid 19, eravamo relegate in casa. Poi il cellulare di Vittoria smise di suonare, ma noi non smettemmo di cercarla. Non ricordo di chi fu l'idea di cercare di rintracciarla attraverso la sua parrocchia e così rintracciammo e potemmo parlare con il figlio e avere sue notizie.

Vittoria é stata la prima ammalata di Covid che io conosco, ha passato diversi mesi in vari ospedali sempre in totale solitudine , con dolori fisici e psichici che mai avrebbe immaginato di provare. Inizialmente ce ne ha parlato con dovizia di particolari come per liberarsene ed è stata una sofferenza per noi ascoltarla. Ora ha deciso di non parlarne più per cercare di dimenticare tutto quel dolore, ma gli strascichi che il Covid 19 le ha lasciato non glielo permettono!

12 Agosto 2021.

I Verbi che ho coniugato durante il Covid: Traslocare.

Quasi sessant'anni fa chiudemmo assieme uno scatolone e lo riponemmo nel ripiamo più in alto dell'armadio guardaroba. Conteneva tutte le centinaia di lettere che ci eravamo scambiati, un mazzolino di mughetti più essiccati che appassiti e ricordi del viaggio di nozze certi che lo avremmo riaperto insieme per ricordare ciò che non avremmo mai dimenticato. Dopo quattro anni si liberò un appartamento proprio nel caseggiato dove abitavano i miei genitori e là traslocammo. Eravamo già diventati in quattro , due erano i guardaroba e lo scatolone trovò spazio in uno sgabuzzino che si apriva nel cucinotto proprio nell'alto della parete dove era appoggiato il frigorifero. Lì vi rimase per circa venti anni mentre i miei genitori se ne andavano e i figli crescevano. Poi inaspettato arrivò lo sfratto e così acquistammo l'appartamento dove tuttora abito vicinissimo a quello dove continuava ad abitare mia sorella. Lo scatolone, senza essere riaperto, trovò spazio in mansarda dentro a un armadione ottocentesco lasciatoci dal vecchio proprietario. I figli , terminati gli studi , iniziarono il loro iter lavorativo, poi si sposarono e mio marito si ammalò una prima volta di una malattia dell'anima tanto che si dimise dal lavoro. Anni difficili e faticosi allietati dalla nascita dei tre nipoti e finalmente dalla pensione di mio marito. Forse era venuto il momento di riaprire lo scatolone, ma la malattia superata e i nipotini ci rallegravano tanto e rimandammo. Arrivò il nuovo millennio assieme alla speranza che la nuova malattia che aveva aggredito mio marito si potesse debellare: la realtà fu diversa. Solo tre mesi e mi trovai sola con una vita da riprogettare e da ricostruire cercando serenità e fiducia. Sono così passati altri venti anni con tanti ostacoli da superare fino alla venuta dell'illustre Covid 19. E stato lui che nei mesi di solitudine mi ha fatto andare in mansarda e riappropriarmi di quello scatolone che sempre ci aveva seguiti. Ho riletto parte di quelle lettere, ma oltre alla malinconia si sono affacciati sentimenti di ribellione e di ingiustizia contro la vita. Le prime lettere e i fiori essiccati li ho bruciati, ma troppo difficile e pericoloso farlo in casa e così ho sminuzzato le lettere e ho fatto loro l'ultimo doloroso trasloco. Non era quello che ci eravamo ripromessi di fare quando quello scatolone venne chiuso.

 

 

 

 

 

 

 

 

12 Agosto 2021

I Verbi che ho coniugato al tempo del Covid: Bruciare

Dopo aver bruciato alcune lettere e il bouquet.

Lettere

Brusio di parole

escono da lettere stinte.

Rosse lingue di fuoco

ardono, non consumano

ricordi di un passato

che muta l'acre

odore di fumo

in essenza di mughetto.

 

13 Agosto 2021

I Verbi che ho coniugato al tempo del Covid: Condividere

Con il mese di luglio 2020, dopo lunghe chiusure e limitazioni, si cominciò a sperare che il peggio fosse superato. Si riaprirono negozi e nel giardino del Centro Stella il 15 settembre 2020 festeggiammo i novant'anni di Eva  con una superba  merenda, alla faccia del Covid che credevamo se ne fosse andato. Eva rimase allibita per il regalo che le avevamo preparato: un libricino con i suoi scritti e i suoi disegni più interessanti. Era entusiasmante ritrovarci e condividere emozioni a sentimenti. C'era in noi il desiderio di stare assieme e anche se baci e abbracci erano da evitare era già tanto poter godere la compagnia di persone a noi care. Il 7 settembre 2020 ci trovammo per un pranzo all'aperto al Circolo Benassi, poche persone e ben distanziate con Vittoria, la persona che i medici avevano strappato dalle tue grinfie del  Covid 19. Il luogo lo apprezzammo molto come quello che mangiammo perché tutto era reso bello e squisito dall'essere, ancora una volta, l'una vicina all'altra. Poi un altro incontro il 13 dicembre per festeggiare, in ritardo, gli ottant'anni di Lucia. Scegliemmo un bar dandoci un orario flessibile per dar modo a tutte noi di farle gli auguri. Certo Lucia non si aspettava il regalo che le abbiamo fatto: la raccolta, in un opuscolo, di tutti i nostri auguri, anche quelli di persone che avevano cambiato città o avevano frequentare il Centro, per brevi periodi, come esperti.

Anche se mi stai antipatico e se ti detesto, Covid 19, una cosa te la devo proprio dire: “Ti ringrazio  perché ti sei acquetato proprio quando era molto importante, per noi, poterci ritrovare e stare assieme e sappi anche che da quegli incontri siamo uscite più forti e più determinate che mai!”

 

 

13 Agosto 2021

I Verbi che ho coniugato al tempo del Covid: Augurare.

Lentamente il 2020 se ne stava andando così come la speranza che tu, Covid, te ne saresti andato assieme a lui. Purtroppo eri ovunque, i contagiati, di giorno in giorno, aumentavano così come il contributo di vittime che tu pretendevi. Quasi senza che me ne accorgessi si affacciò il primo giorno del 2021 e Taif sarebbe salito per fare i compiti, ma altro avevo in mente.

Avevo giusto la sua età quando nel 1947, arrivata da poco a Bologna, feci la mia prima dimostrazione contro le discriminazioni di genere. Certo allora mica lo sapevo, ma lottai strenuamente, strepitai perché il primo dell'anno , come i maschi, anch'io volevo andare, di porta in porta, a fare gli auguri per intascare qualche lira. Che i miei auguri fossero rifiutati perché, in quanto femmina, portavano male non lo potevo proprio accettare, soprattutto dalle donne del caseggiato e anche da quelle di casa mia! Ma allora era questa la realtà e poco è cambiato! Anche solo alcuni anni fa , era il 31 dicembre del 2017, quando mi sentii dire da mia sorella, donna molto colta e che tranne l'Australia aveva visitato tutto il mondo, e che viveva con una badante: ”Non sognarti, domani, di venire in casa se prima non è entrato un uomo.” Non fu un'impresa facile, per fortuna glielo trovai e per primo oltrepassò la soglia di casa , ma il come ci riuscii è un'altra storia!

Il 2021 il Covid mi ha fatto rinunciare a questa mia piccolissima battaglia. Finiti i compiti Taif è stato l'uomo nuovo , l'uomo che verrà, a fare gli auguri alle mie amiche sole: “Sono Taif, lo scolaro di Mariella e ti faccio gli auguri di Buon Anno....” Le tradizioni vanno rispettate e i cambiamenti hanno bisogno di tempi lunghi per trovare spazio ed essere accettati.

PERDERE
I genitori, inevitabilmente, li persi già da tempo
di ricordi certi giorni mi riempio, satura di addii
un fratello che come un figlio purtroppo salutai
purtroppo l'amor mio, perso, presto, troppo,
troppi amici, umani ed animali, con zampe ed ali
non la memoria, quella antica, anzi la conservo
e cresce scavando a fondo e indietro e immagini
odori e suoni dentro spesso vibrano dell'ieri
nella mia terza vita anche una casa m'è crollata
con gli ultimi soldi evaporati..persi? nemmeno visti
nè come alla vita tanto necessari mai pensati.
PROVARE
A ricominciare si prova dopo aver perso tanto
ad amare quindi si riprova per sopravvivere
a riempire le ore di persone e di cose da fare;
godere delle piccole gioie, di nuovo imparare
ad attendere il giorno, non solo la notte,
a fissare il cielo in qualche fotogramma
degli altri la vita ad osservare, l'orizzonte
ridisegnato nei colori ancor sperando.
VESTIRSI
Gli anni della vita e le sue rughe ti rivestono
senza maschere mendaci all'aria esposti
con passi e slanci dall'età resi audaci
in equilibrio fra il passato vero ed il presente
Il dolore leniscono i ricordi, dolci si fanno le assenze
generose d'amore l'animo provato riempiono.
USARE IL TEMPO
Alla fame d'aria del tempo la prospettiva breve
è necessaria, pochi tratti di vita attendono,
non si deve bearsi di troppo futuro, sentirsi viva
non cuccioli voglio adottare ma cani anziani
un altro trasloco l'ultimo da ben ponderare
una casa con giardino per me e gli animali.
COSE USATE
Spesso al momento penso di quella necessaria scelta
fra le mie cose tante fra tanti libri pentole e bicchieri
mio figlio si perderà staccarsi dai ricordi a sua volta
duro uno strappo definitivo dalla  vita sua di ieri.
Il valore delle cose per lui per me la qualità prescinde
gli attimi vissuti i luoghi le persone dal ricordo avvolte
legano alla memoria ma le cose sono cose solamente
CAMBIARE
Invecchiando si può solo peggiorare si dice 
non sono certa ma certo è che si può cambiare
La foga ed il furore, la voglia di lottare, le passioni
con tutti la polemica continua , le verbali tenzoni
ad oggi son sopite, le certezze  in dubbi trasformate.
La memoria che vacilla mina assai la sicurezza
diviene spesso spinta alla verifica più prudente
da fastidiosi orpelli la smemoratezza libera la mente 
 

Lucia S.

14 Agosto 2021

I Verbi che ho coniugato al tempo del Covid: terrorizzare

Con il mese di febbraio 2021 arrivò anche il giorno del mio ottantatreesimo compleanno e mia figlia volle festeggiarmi a casa sua con un bel pranzetto per noi due da sole. In quei giorni dopo alle ore 21 non si poteva girare e così, finita la cena mia figlia si apprestò ad accompagnarmi a casa. Era buio e non mi accorsi che, nel marciapiede, c'era una gigantesca buca e così stramazzai per terra. Il braccio destro fu la parte del corpo che più ne risentì assieme al labbro superiore che assunse le sembianze di quello della Parietti. Piccolo vezzo che potevo sfoggiare, ma non era proprio il momento. Volevo solo che mia figlia mi riaccompagnasse a casa, mentre il pensiero di entrare in un pronto soccorso mi terrorizzava. Dapprima mi accompagnò al Rizzoli, ma lo trovammo chiuso poi al pronto soccorso del Maggiore, quello che Internet ci segnalava essere aperto in quella serata, ma entrare in un ospedale, in tempo di Covid, era come timbrare il cartellino di entrata senza alcuna certezza di uscita. Bellissimo il nuovo pronto soccorso, efficenti medici e infermieri: tempo d'attesa, tre ore da passare in solitudine. Il mio terrore cresceva di secondo in secondo. Frattura del gomito fu il primo verdetto con piccola scomposizione. La situazione stava andando male, ero intimorita e la prospettiva di un intervento segnò la mia completa disfatta. Fu in quel momento che, al fianco del mio letto, arrivò Gianluca, mio nipote. Non so come abbia fatto, ma in quella notte riuscì a convincere qualcuno ad accompagnarlo al mio capezzale portandomi un pizzico di speranza. Dopo la TAC i medici, dato che i posti letto erano contati, presero una decisione e per me fu un sollievo quando mi dissero che si provava ad ingessare il braccio, ma non garantivano la sua totale mobilità. Il solo pensiero di poter uscire dall'ospedale, dove vedevo, in ogni angolo, serpeggiare il Covid , fu accolto come una enorme consolazione. Erano quasi le quattro del mattino quando entrai in sala gessi e fu chiamata mia figlia affinché mi venisse a recuperare. L'avere evitato l'intervento e la permanenza in ospedale mi diede una sorta di euforia, mi pareva di aver vinto una guerra e poco m'importava della mobilità del braccio. Ancora un po' di pazienza condita di dolore e poi sarei ritornata, seppur fratturata e malconcia, nella mia casa ma intimamente mi sentivo vittoriosa.

 

 

 

 

14 Agosto 2021

I Verbi che ho coniugato al tempo del Covid: controllare

Non tutti quella mattina, poco prima dell'alba, dormivano. C'era chi si apprestava ad andare al lavoro, che stava tornando a casa dopo una notte al pronto soccorso, ma c'era anche chi, coscienzioso, controllava che tutti gli italiani si comportassero responsabilmente, o meglio con un briciolo di sale in zucca. Con tutti gli assembramenti che avevo visto in TV proprio la sottoscritta, una pattuglia dei carabinieri, volle controllare! Non bastò loro vedere una vecchia dalla faccia tirata, con un braccio ingessato dalla spalla al palmo della mano , con la maglia messa come fosse un bavaglino e col piumino infilato sommariamente. Non bastarono neppure i fogli rilasciati dall'ospedale.... Niente, controllarono diligentemente patente , libretto di circolazione, bagagliaio ...prima di darci il via libera. Il loro compito era controllare che si aggirava all'alba in una Bologna ferita ed egregiamente hanno fatto il loro lavoro. Quella notte, tutta quella efficienza, mi innervosì alquanto, ma ora, a distanza di sei mesi posso dire “Ce ne fossero carabinieri così coscienziosi!”

Ho perso mia moglie no anzi la compagna della mia vita il 19/10/2020, dal lontano primo incontro dei 26/12/1956.

Non sono un filosofo, ma credo che:

"Non puoi fermare le onde ma puoi imparare a cavalcarle"

"Non vi è nulla che sia permanente: il sole e la luna sorgono e poi tramontano, alla luce chiara e trasparente fa seguito la notte, buia e opaca. Tutto cambia di ora in ora."

Queste parole non so chi le ha scritte, ma so che la vita continua.

Fausto M.

14 Agosto 2021

I Verbi che ho coniugato al tempo del Covid: colorare

C'è per caso tra voi qualche nonna che deve seguire i nipotini, che frequentano la scuola elementare, a fare i compiti? Non è per nulla facile, io sono alle prese con il predicato nominale e i complementi indiretti, ma non mi ricordo molto!

Insomma in tempo di Covid è davvero faticoso studiare persino la geografia. Tutti ricordiamo le cartine dell'Italia: quella politica con le venti regioni delineate con colori delicati, come il giallo della Lombardia , l'arancione della Campania il lilla che diventa rosa fucsia della Puglia... Poi quella dell' Italia fisica con il marrone scuro delle Alpi , quello più chiaro degli Appennini, il verde delle pianure e l'azzurro più o meno intenso di laghi e mari....Ma di quelle ora poco ci importa perché abbiamo, tutti i giorni, la cartina del Covid da controllare.

“Oddio anche Bologna è arancione!” Recita una giornalista Rai

“No è già diventata rossa!” Puntualizza quella di Canale Cinque che sembra avercela con noi bolognesi!

Nei mesi passati abbiamo così imparato che sono quattro i colori che spennellano l'Italia virale. Inizio da quello più allettante che è il bianco, massima apoteosi di benessere , difficilmente raggiungibile e ancor più arduo da mantenere perché noi siamo un popolo libero, il popolo che fatta la legge ha già pronto l'inganno. Poi si inciampa nel giallo perché il virus fa capolino e alcuni, che anche osservano le regole, se li acchiappa. Dopo il giallo si stramazza nell' arancione con la necessità, per qualcuno, mai no VAX, di andare in ospedale , fino a precipitare nelle fauci del rosso, più rosso dell'inferno, ovvero nella terapia intensiva se si è fortunati , nel dramma, di trovare un posto letto!

Però i colori del Covid 19 nulla hanno a che vedere con quelli delle cartine geografiche fisiche e politiche , per il famigerato virus i colori non sono mai fissi, è tutto un turbinio di tonalità che si spostano in continuazione e che ormai mi rifiuto di guardare perché non rendono l'Italia allegra, ma piena di preoccupazioni, ansie e paure...

 

 

15 agosto 2021

I Verbi che ho coniugato al tempo del Covid: festeggiare

Oggi, per tanti, è un giorno speciale, un giorno che occorre festeggiare, ma non per me! Il 15 di agosto 2021, come quello dell' anno passato , grazie a te Covid, lo considero un giorno da dimenticare, quest'anno poi una domenica da trascorrere come tante altre. Dato che non ho nulla da fare faccio un po' di conti che ti riguardano. Inizialmente ti avevo proprio sottovalutato tanto che, per quanto mi compete, hai preso vita esattamente il 23 febbraio 2020 quando eri già cresciutello. Calendario alla mano, altro che festeggiamenti, a oggi sono trascorsi ben 521 giorni che chiamerò " I Covinfausti." Mi sforzo di rallegrarmi, ma non ci riesco proprio. Conto tutte le ore che tu Covid mi hai deliberatamente sottratto, basta che faccia una semplice moltiplicazione . Il risultato mi sorprende 12.504 ore, pari alla bellezza di 750.240 minuti. Sono tantissimi gli spazi di tempo che avrei potuto riempire di abbracci, di baci, di condivisione, di stare assieme invece, Covid 19, hai lasciato tutto intorno, e non solo a me ,ma nel mondo intero, la sofferenza nella solitudine,  la difficoltà di debellare la malattia, il vuoto della morte e ancor oggi la paura per le tue molteplici reincarnazioni, mentre tengo viva la speranza che la vaccinazione fatta possa almeno contrastarti!

 

Mi chiamo Alba, ho 7 anni ed ho appena finito la 1° elementare, quindi so leggere e scrivere. Quando è arrivata la pandemia andavo all’asilo, ma per fortuna in prima elementare sono stata a casa a studiare al computer solo pochi giorni ma già così mi mancavano tanto i miei compagni ed anche i miei maestri. A volte sono io a spiegare il significato di certe parole italiane ai miei genitori che loro non capiscono perché vengono dalla Romania. Per questo io non voglio più perdere la scuola perché imparo un sacco di parole, anche di più che con la televisione. Il mio babbo fa il muratore e la mamma pulisce le scale, si vegliano presto la mattina e se non c’è il pre-orario è un problema, in più noi non abbiamo un computer e sono dovuta andare dagli zii per le lezioni on line dei maestri.

Ho quasi 7 libri, dico quasi perché uno è molto sottile e con molti disegni non so se è proprio un libro, forse lo si usa quando si iniziano ad usare i colori e le matite. Da un po’ di tempo una mia vicina di casa mii regala i libri, per fortuna me ne ha regalati anche quando non potevamo uscire, lei dice che sono dei suoi figli che ormai sono grandi e siccome vivono lontano non li usano più. Non so se è vero, non so se i libri ad un certo punto non si usano più, io li tengo tutti in fila in una mensola che il babbo ha montato sul mio letto.

Uno è bellissimo pieno di animali, c’è anche un cavalluccio marino. La signora mi ha detto che quando lei era piccola, si ricorda di avere visto i cavallucci anche nel mare Adriatico ma ora sono una specie protetta e sono così pochi che non si possono proprio pescare. Sono cambiate molte cose da allora e mi sembra un po’ strano che lei li abbia visti e ora non li possa vedere più nessuno. Io vorrei fare la veterinaria per curare gli animali, potrei provare a curare anche i cavallucci marini. Io al mare sono andata solo una volta ma forse per fare questo lavoro si deve vivere là, lo scorso anno alla televisione hanno detto che a Venezia c’erano i delfini, non ho capito perché è stata una cosa così strana, se Venezia è una città dentro al mare prima dove stavano i delfini e perché sono arrivati solo quando non c’era nessuno che poteva vederli? Potrei anche curare i delfini e capire come farli giocare, credo che per fare questo lavoro ci si debba vestire con le tute nere di gomma che proteggono dall’acqua fredda. Per fare questi lavori in cui si cura qualcuno bisogna indossare cose che di solito le persone non usano, come si vede in ospedale o come fa anche la mia dottoressa quando la mamma mi porta in ambulatorio.

Massimo Ranieri: Perdere l'amore. In questi giorni mi è tornata in mente e soprattutto nelle orecchie questa canzone presentata al Festival di San Remo nell'88. Riporto il testo e il video.

E adesso andate via
Voglio restare solo
Con la malinconia
Volare nel suo cielo
Non chiesi mai chi eri
Perché scegliesti me
Me che fino a ieri
Credevo fossi un re

Perdere l'amore
Quando si fa sera
Quando tra i capelli
Un po' d'argento li colora
Rischi di impazzire
Può scoppiarti il cuore
Perdere una donna
E avere voglia di morire

Lasciami gridare
Rinnegare il cielo
Prendere a sassate
Tutti i sogni ancora in volo
Li farò cadere ad uno ad uno
Spezzerò le ali del destino
E ti avrò vicino

Comunque ti capisco
E ammetto che sbagliavo
Facevo le tue scelte
Chissà che pretendevo
E adesso che rimane
Di tutto il tempo insieme
Un uomo troppo solo
Che ancora ti vuol bene

Perdere l'amore
Quando si fa sera
Quando sopra al viso
C'è una ruga che non c'era
Provi a ragionare
Fai l'indifferente
Fino a che ti accorgi
Che non sei servito a niente

E vorresti urlare
Soffocare il cielo
Sbattere la testa
Mille volte contro il muro
Respirare forte il suo cuscino
Dire è tutta colpa del destino
Se non ti ho vicino

Perdere l'amore
Maledetta sera
E raccogli i cocci
Di una vita immaginaria
Pensi che domani
È un giorno nuovo
Ma ripeti non me l'aspettavo
Non me l'aspettavo

Prendere a sassate
Tutti i sogni ancora in volo
Li farò cadere ad uno ad uno
Spezzerò le ali del destino
E ti avrò vicino
Perdere l'amore

https://www.youtube.com/watch?v=EY7-tcf45CQ

 

Abbiamo perso i colori della nostra scuola elementare hai ragione Mariella. In classe avevamo alle pareti delle mappe bellissime e studiavamo la geografia aiutate dai colori. Il marrone delle Alpi era intenso, poi più sfumato quando si scendeva sul Gran Sasso e tutti gli Appennini fino in Sicilia sulle Madonie. E l'azzurro intenso del Po, poi l'Arno, il Tevere, e andavamo a cercare il Busento, sognando di trovare la tomba di Alarico quando studiavamo Carducci. Il gran morto di lor gente, i Goti. e il verde delle pianure dalla Padana al Campidano in Sardegna. Nomi propri associati a colori su una mappa. Memoria visiva e immaginazione di luoghi come Sapri, perchè se c'è una spigolatrice ci deve essere il grano e se c'è il grano forse c'è una pianura, ma ci sono pianure in Basilicata? il grano però c'è anche in Appennino verso il Passo della Futa, allora grano e pianura non sono sempre insieme?

I miei ragionamenti di scolara degli anni 60.

19 Agosto 2021

Colore di oggi: verde speranza.

Ormai mentalmente la mia tavolozza dei colori l'ho ridotta a quattro, quelli che ci ha propinato e che continua a volermi regalare il Covid. E' di pochi minuti fa la notizia che la Sicilia sta diventando gialla. Tutti gli altri colori dove se ne sono andati: il verde dei prati della Lunetta è sparito e l'azzurro del cielo il riverbero del sole lo ha cancellato e gli altri ormai faccio fatica a vederli. Sono sfuocati dalla paura, annebbiati dalla possibile nuova ondata di Covid che ormai non so più che numero sia.

Ma sono sicura che arriverà una pioggia purificatrice e allora riapparirà l'arcobaleno, quel ponte di pace e di speranza, che mi traghetterà oltre questo virus e finalmente mi riapproprierò dei colori che la natura ancora saprà donarmi.

 

Non voglio scrivere fiumi di parole...è stato detto tanto, troppo!  ognuno deve fare i conti con se stesso per capire cosa ha significato questa pandemia e per me è stato:

CAMBIARE- cambiare le mie abitudini, il mio stile di vita cercando di affrontare la pandemia con senso di responsabilità, col pensiero di non nuocere a me stessa e agli altri.

cambiare per mantenere il mio equilibrio psicofisico, per essere orgogliosa di me nonostante tutto, per continuare a volermi bene.

SCEGLIERE- scegliere le persone con cui sto bene, eliminando i rapporti inutili, vuoti.

scegliere le cose che mi fanno stare meglio, che mi riempiono di soddisfazione, che mi fanno affrontare le giornata con serenità.

Il risultato: sto veramente bene con me stessa.

Verbi da coniugare

Sono una dei tanti volontari dei Centri Sociali ANCeSCAO. Da quasi 30 anni insieme agli altri collaboratori cerchiamo di dare risposte alla popolazione vicina e di aiutare e sostenere situazioni bisognose a distanza. Le attività e gli eventi programmati ed attuati nel tempo sono stati molteplici e, dopo tanti anni, come in una macchina ben oliata, tutto procedeva speditamente. Poi la pandemia, la grande frenata! tante difficoltà.....

Molti volontari non sono più stati in grado di collaborare perchè sommersi dai loro problemi

Molti soci non hanno più potuto partecipare. Di fatto la chiusura ha impedito a tutti la vita sociale.

Ci siamo arrabattati e ci siamo rivolti ai più giovani che hanno risposto con molta sollecitudine. Ecco allora  le consegne a domicilio, i corsi on-line e le video chiamate che, unite all'esplosione dei termini anglofoni e alle numerose sigle e protocolli..., hanno rappresentato per noi anziani una materia molto ostica.

Che fare? quali verbi coniugare?  

Ora è necessario: reinventarsi, sperimentare, mettersi in gioco, ascoltare, modificare , cambiare e cambiarsi, cercarnuove strade e nuove risposte...

Ne avremo la forza? Ciò che avverto tra i volontari è molta stanchezza, ma dobbiamo farcela perchè  c'è una buona fetta di popolazione che conta su di noi e sono i più anziani, i più fragili, i più diseredati per cui è necessario mettersi ancora una volta in gioco e ripartire per intercettare e rispondere a esigenze, proposte, desideri, necessità....

Queste le mie riflessioni come volontaria che fino ad ora non è stata toccata negli affetti famigliari ma che ha perso amiche ed amici carissimi.

Molto bello questo video Lucia. Racconta bene la solitudine, il dolore di dovere cambiare tutto. Soprattutto nelle nostre emozioni, nei nostri rapporti, nella sincerità.

.....L'amore comporta Normali passaggi La nascita, il dono Il gioco e il dolore L'amore comporta Delitti e rimpianti Rimuove ti nutre E ti chiude anche gli occhi L'amore comporta Avere da fare Schivando i pensieri Che remano contro L'amore comporta Un linguaggio a se stante I nomi abbreviati Diventano i nostri........ (una frase della canzone ..."l'amore comporta") perdere: le amicizie, le persone, la quotidianità, il lavoro, l'energia, le maschere, la rabbia provare: a ricominciare, a cercare un pò di serenità e sincerità, ad offrire un pò di amicizia, ad avere un pò più di energia vestire: per mesi e mesi sono andata in giro come una homless,....e forse lo sono stata usare: usare il tempo in modo diverso cambiare, cambiarsi: lasciarsi andare, accettare quello che la nostra mente e il nostro cuore produce, ascoltandolo; accettare la fragilità; essere accoglienti verso la diversità delle altre persone; ascoltare le altre persone; non giudicare sempre....

PERDERE UN AMICO
Lettera a Bruno Pizzica di Lola Valgimigli e Marino Mignardi 

Caro Bruno, da quella notte in avanti senza di te non è più lo stesso stare nel volontariato. Nelle prime ore del 26 febbraio 2021, tanti di noi apprendono la terribile notizia da facebook, dalle principali testate giornalistiche on line, dalle chat whatsapp. Il Covid-19 ha colpito duramente e in breve tempo siamo rimasti orfani di un prezioso amico.
Affiorano alla mente molti ricordi perché tu hai avuto mille idee, hai concretizzato tanti progetti, hai saputo ascoltare e spronarci a fare sempre di più, anche se non eravamo così consapevoli di raggiungere uno scopo o un traguardo.
I nostri ricordi diventano fotografie in un album di grossa dimensione.
C’è il nostro brontolìo perché SPI CGIL Bologna non fa abbastanza per la fragilità delle persone anziane. E’ novembre 2009, tu ci inviti in ufficio e ascolti per una buona mezz’ora senza alcuna interruzione mentre ti illustriamo tutti i nostri punti di vista, scritti a mano in un foglio protocollo. Alla fine dell’incontro hai già scelto su cosa mettersi subito al lavoro: lo “Statuto delle persone anziane fragili”. Così metti al lavoro un gruppetto di volontari che provano a scrivere gli articoli della “nostra costituzione”. Apprezzi l’impegno, ma tu trasformi quel modesto e patito lavoro e quando presenti la prima versione ci riservi la più bella e commovente sorpresa, un vero capolavoro perché tu sai mettere in fila i ragionamenti e sei un eccellente scrittore. Il tuo stile di scrittura varia a seconda degli argomenti, ma sempre riconoscibile, per la tua capacità di immedesimarti nei contesti e nelle situazioni.
Tu, sempre attento a quello che si muoveva attorno a te e pronto ad ascoltare tutte le voci, ci procuri ancora benessere e sollievo nella nostra attività di volontariato. “Il tempo è adesso” è il titolo del tuo ultimo articolo sul mensile Argentovivo, “Se vogliamo che la strage di anziani per Covid-19 non sia stata vana è ora che il Parlamento approvi la legge sulla non autosufficienza”.
Perdiamo un amico, un grande maestro e un esponente di primo piano della vita politica e sociale della comunità di Bologna.
Per salutarti cantiamo "L'anno che verrà" di Lucio Dalla, una lettera che immagina una situazione di lontananza tra l’autore e un amico al quale fa un rapporto di come stiamo vivendo oggi. Nella versione di questo video le immagini raccontano la pandemia tuttora in atto e dimostra come una canzone del 1978 sia attuale, una lettera di ottimismo e speranza per il futuro.

https://www.youtube.com/watch?v=BDHFBE6l4K4

01 Settembre 2021

Ho conosciuto Valeria diversi anni fa quando, al Centro Stella,  prese vita il gruppo del fare “ANCH'IO”. Per diversi incontri è stata la nostra insegnante di cucito con pazienza e gentilezza. Poi l'abbiamo conosciuta come ottima cuoca. Chi non ricorda le sue crescentine? Poi l'abbiamo vista agguerrita ed esperta giocatrice del burraco. Sempre sorridente ed attiva. La ricorderemo tutte con affetto e simpatia.

 

 

 

 

01 Settembre 2021

Cara Lola non ho avuto la fortuna di conoscere questa persona, ma a lui, che ha dato vita allo “Statuto delle persone anziane fragili”, va tutto il mio rispetto e la mia considerazione. Lo dico convinta soprattutto in questo momento che sto vivendo sulla mia pelle quando improvvisamente ci si trova ad essere vulnerabili e impreparati ad affrontare le avversità che la vita ci riserva.

 

 

 

Cara Mariella, non hai conosciuto Bruno Pizzica, ma hai avuto modo di scambiare corrispondenza con sua moglie, Antonella Raspadori - Segretaria generale di SPI CGIL BOLOGNA, per aver contribuito ad arricchire il volume “La vita sospesa”, raccolta di testimonianze sulla pandemia promossa dal Coordinamento Donne SPI Bologna.
Il tuo bel racconto TAIF, MARIELLA E IL CORONAVIRUS (Mariella Fenzi, 82 anni, Bologna) è stato poi pubblicato nel numero di novembre 2020 di Argentovivo, inserto SPI CGIL Emilia Romagna della rivista LiberEtà, con questo sottotitolo <Grazie allo Spi di Bologna pubblichiamo un brano tratto da una delle storie raccolte nel volume “La vita sospesa”, quella di una ex maestra e del suo inaspettato scolaro del Bangladesh>
L’apprezzamento di SPI Bologna, anche per il tuo impegno di mediatrice culturale con la scuola di Taif, ha avuto un seguito a Natale 2020 con un’elargizione di SPI al Laboratorio del Fare, tramutata in un acquisto di libri e materiale didattico per Taif.
Il numero di novembre 2020 di Argentovivo è online

https://www.spier.it/wp-content/uploads/argentovivo_inserto_novembre_2020_web.pdf

Ritrovarsi

I Verbi che ho coniugato al tempo del Covid:

Lo squillo del telefono irrompe nella casa ridestandola dalla solita monotonia. Arranco per raggiungerlo poi una voce amica: “Si può sapere dove sei? E' tanto che ti chiamo!”

“Sono uscita per andare in farmacia” Rispondo pensando come, in questi mesi , ma in negativo, questo negozio abbia sostituito la Piazzola. Non più magliette o vestiti da acquistare, ma nuovi farmaci che assumo senza fiducia.

“Questa sera XXXX viene a mangiare la pizza a casa mia, vieni ...”

Non mi sembra vero e la mia risposta affermativa arriva prima che la domanda sia terminata. “ anche tu? Sono le diciotto ce la fai ad essere qui tra un'ora?” Improvvisamente tutto cambia, c'è un'aspettativa, un ritorno a ciò che prima del Covid faceva parte della normalità. Ci troviamo e sembra che la fatica della torrida estate non sia esistita, che il Covid sia superato e le parole escono a fiumi, gli argomenti non mancano e riempiamo di allegria, di gioia di vivere  tanti spazi vuoti.

Anche questo è Covid sentire come una pizza abbia un profumo più intenso, un colore stupendo , un sapore squisito , che prima forse non percepivo, perché ritrovarsi è riagguantare i piccoli, ma importanti momenti di vita.

Mariella

In laguna l’acqua sbatte lenta contro gli scogli
Tutta la vita è più lenta, tutta la vita è acqua
La mia città di pianura da tempo stentava a trovare una dimensione
Come se fosse acqua
Poi improvvisamente la mia città è diventata un’isola
Le strade vuote, grigio lucenti come canali contro il sole
Di giorno e di notte il silenzio come a ferragosto
Unica differenza: le finestre dei condominii illuminate come d’inverno
I balconi diventati spiagge in cui prendere il sole
La casa diventata lavoro come un peschereccio, mattino presto, notte fonda
Dalle finestre non si vede il mare, la brezza non sa di sale
ma la luce quella sì, la riconosco, una luce pulita
In laguna si ascolta il silenzio anche quando si lavora,
adesso anche in pianura si comincia ad imparare:
Il silenzio e l’ascoltare
Il silenzio, la luce, il verde come i pensieri sono dovunque gli stessi?
Provo a ripescare quello che ho lasciato andare alla deriva

In laguna, è vero. La malinconia, i pensieri più profondi anche per me sono emersi durante la pandemia. GRAZIE!