21 Aprile 1945

Categoria
Storia della nostra città
Folla di persone in piazza del Nettuno a Bologna il giorno della Liberazione

 

Questa mattina….pedalando verso il lavoro la memoria mi ha ricordato che oggi è un giorno di commemorazione. 76 anni orsono Bologna veniva liberata dalle forze alleate e partigiane dall’oppressione del regime nazifascista e dalla guerra. Così, seguendo un “gioco psicoanalitico”, ho iniziato “a girare” intorno alla parola libertà costruendo libere associazioni. Ma forse è opportuna una piccola precisazione per chi non conosce la psicoanalisi: le libere associazioni sono il metodo principale di conoscenza che lo psicoanalista utilizza per comprendere l’inconscio del paziente, incoraggiandolo a parlare di tutto ciò che gli passa per la mente senza inibizioni o ragionamenti logici, semplicemente seguendo il flusso spontaneo dei suoi pensieri. 

Allo stesso modo, mentre pedalavo contro vento, partendo dalla parola “Liberazione” le mie libere associazioni hanno preso forma:

Liberazione, Libertà…Liberarsi, Librarsi, Libro, Leggere, Conoscere. 

Un piccolo treno di luoghi della mente e dello spirito attraverso il quale ho concatenato una possibile via per la Liberazione. In una associazione di concetti, allitterazioni e assonanze sono giunto alla stazione finale: la Conoscenza. Riflettevo anche sul fatto che, se per i nostri nonni e padri la lotta è stata lo strumento della liberazione, a noi questa fatica è stata risparmiata.

In un dubbio che rivolgo più alla mia generazione - quella dei baby boomers, cioè nati al tempo del boom economico - che a quelle che mi precedono, ravviso il fatto che esserci allontanati da questo luogo della memoria ostacola la nostra piena considerazione dell’importanza e della preziosità del dono che ci è stato consegnato dalla Resistenza. 

L’idea evocata dal termine Resistenza potrebbe suggerire le immagini della contrapposizione e del conflitto, che certo sono state necessarie ai tempi della lotta partigiana. Tuttavia i tempi che viviamo sono poco inclini a considerare la categoria del conflitto come una istanza necessaria all’evoluzione e alla crescita della coscienza. Contrapposizione, conflitto, lotta, sono termini che per qualche motivo insito nella continua trasformazione delle opinioni e dei tempi, potrebbero essere considerati dissonanti rispetto all’affacciarsi di termini più accomodanti, oggi largamente in voga, come per esempio il termine resilienza. Per quanto quest’ultimo indichi una qualità vantaggiosa, in certi casi, all’evoluzione della specie ovvero l’adattamento, dovrebbe non essere a sua volta contrapposto al primo. Inoltre resilienza indica il ripiegare e il piegarsi, assumendo una connotazione pericolosa, se per piegarsi si volesse intendere sottomettersi. 

Il conflitto, di cui la resistenza potrebbe essere preambolo e qualità sottostante, è una categoria irrinunciabile alla crescita, necessaria allo sviluppo della vita stessa. 

infatti, se non vincesse la sfida con la gravità, il bambino non potrebbe sollevarsi in piedi e muovere i primi passi; senza lo sforzo dell’apprendimento, evocato dal faticoso incontro con il segno prima e con la simbolizzazione in seguito, non imparerebbe la lettura e la matematica; senza affrontare il rischio dell’emozione e del rifiuto nessuno conoscerebbe il primo bacio. 

Queste e altre situazioni evolutive comportano l’accettazione e il superamento del conflitto. Non è un’apologia della lotta armata o della guerra, ma lo è certamente della capacità psicologica di dire NO. I “no” aiutano i bambini a crescere e molto spesso anche gli adulti a determinarsi e a scegliere. Il “NO è un’istanza dell’Io; il “SÌ” è la sua conquista di libertà, non già un’antinomia. 

Così resistenza e conflitto si sono trasformati in conoscenza e liberazione dai vincoli dell’oppressione. 

Credo che la lotta dei nostri nonni e padri nell’affermare una posizione contraria alla guerra e alla dittatura, attraversando l’onere e il dolore del conflitto, sia stata una lotta per la verità - la verità contenuta nella giustizia, nell’equità e nella conquista dei diritti democratici sanciti nella nostra Costituzione. Il lavoro, la libertà di circolazione, l’autodeterminazione del corpo delle donne e degli uomini e delle idee, ma soprattutto della possibilità di esprimerle, sempre. 

Il senso di queste conquiste, oltre che nel ricordo della sofferenza di chi ha combattuto e di chi c’era, si esprime in quello che rimane, a mio giudizio, il motto più umano a difesa della libertà di espressione, scritto nel 1906 dalla scrittrice Evelyn Beatrice Hall: nella sua celebre frase erroneamente attribuita a Voltaire: 

“I disapprove of what you say, but I will defend to death your right to say”, 

Non sono d’accordo con quanto dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di poterlo dire. 

W la Resistenza! W la Libertà!

 

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Fin da piccola ho avuto un forte interesse per il periodo storico della seconda guerra mondiale, i campi di concentramento, la resistenza, mi sono sempre chiesta come fosse stato possibile un tale plagio delle masse. Ho sempre ritenuto che fosse importante mantenere viva la memoria, affinché un tale oscuramento delle coscienze e tali orrori non ricapitassero nella storia. Qualche mese fa ho aperto la costituzione, l'ho riletta. Fatelo! È così potente. Le sue parole trasudano coraggio e forza. Ho sentito gratitudine per chi l'ha scritta e ho pensato a chi ha perso anche la vita in nome della libertà e della verità. Rispettare la costituzione è amare la libertà e la verità. 

Una signora chiamata Pace

da Mariella

I miei genitori erano contadini in una sperduta contrada nel Veneto. Poi la ricerca di un lavoro aveva fatto sì che mio padre lasciasse la campagna e, dopo alcuni trasferimenti ci eravamo trasferiti a Bologna.  Durante la guerra però eravamo tornati a vivere nella casa della nonna che si affacciava su una corte attorniata da altre casette.
Le poche notizie che giungevano fino a noi erano portate da Pace, una bella signora sui trentanni che ogni dieci o quindici giorni veniva, da Verona, in bicicletta, alla ricerca di un po' di cibo. Aveva la bocca rossa a forma di cuore, i capelli fiammeggianti e pieni di ricci che scendevano  sulle spalle.
Quando si annunciava scampanellando era un accorrere delle donne di tutta la contrada  che si davano la voce gridando: “ Vegni, vegni  che ghe la Pase. “ per sentire come andasse la guerra. Se le notizie erano buone si parlava forte altrimenti quelle brutte si sussurravano.  A me piaceva quella signora così diversa dalle zie, ma non ero interessata ai suoi discorsi, mi limitavo a seguirla e  a guardare  il suo vestito variopinto, il cappello con una larga tesa e i sandali con l'alta suola di sughero .......
Un giorno di agosto del 1944 nella corte echeggiò il solito richiamo che passava di bocca in bocca, ma molto più festoso: “Ghe la pase!”  “ Ja dito che ghe la pase!“  Io  non riuscivo a spiegarmi quelle  risa, quei pianti di gioia, le bottiglie di recioto stappate,  tutti quei brindisi  e quella  allegra confusione che vedevo passando di casa in casa. Ostinata cercavo la bicicletta e la signora dai capelli rossi e non vedendola restai delusa.

Molto dopo capii l'importanza di quel giorno vissuto.
 

Uno zio disertore! che cosa difficile da ammettere. I disertori sono intesi come codardi, vigliacchi dai bambini. Ma quando la guerra è una guerra d'invasione e quelli con i quali vai in guerra dicono cose che non condividi?Per anni ho fatto una grande fatica a pensare a questo zio che era stato nascosto nelle cantine e usciva solo la notte per prendere aria, e ancora oggi sono combattuta fra ciò che si deve, ciò che si può e ciò che si vuole fare e quando l'oggetto è la guerra davvero la discussione va avanti all'infinito

 

Acrostici e Haiku  

da Mariella

Lenti
Indietreggiano
Bisogna
Epurare
Ribelli  
Armati
Zittiscono
Ignobili
Oppressori
Notte
Epocale.

25 Aprile
Liberazione:
guerra, lacrime mai più!
Sempre uniti.                                                                     

25 Aprile
Oggi si canta
ma viva sempre in noi
chi per noi morì.

 

Sono una babyboomer, nata in prossimità di Imola nel 1949 ed emigrata a Bologna nel 1963. Le persone che hanno popolato i luoghi della mia infanzia sono stati tutti coinvolti nella Resistenza al fascismo e all’invasione tedesca. Nel 1943 mia sorella era già nata e i miei genitori temevano che i pianti della piccola indisponessero i tedeschi che avevano requisito la nostra casa da contadini, situata in un posto ritenuto conveniente per l’organizzazione di supporto ai soldati tedeschi impegnati nel fronte della Linea Gotica; alla mattina preparavano il mangiare e alla sera scaricavano nell’aia i giovani soldati tedeschi morti. Il grande vantaggio di essere nata dopo la guerra è stato di trovare attorno a me una situazione bucolica, idilliaca e una vita familiare che trascorreva in allegria in un ambiente campestre. Il mio primo ricordo di libertà era il possesso di una piccola bicicletta che mi permetteva di scorrazzare per strade non asfaltate, con la sicurezza però che trovavo puntualmente mia mamma alle mie spalle quando mi allontanavo per esplorare il mondo attorno a casa. Poi è capitato di perdere il babbo all’improvviso e la necessità di emigrare a Bologna. Nel 1962 la bambina rimasta orfana non era presa in alcuna considerazione. Nei momenti più drammatici veniva messa a letto e invitata a dormire, ma lei non dormiva; si attrezzava per elaborare il lutto in qualche modo e per affrontare in fretta le disgrazie che non arrivano in ordine di grandezza a seconda dell’età: bimba piccola, disgrazia piccola come bimba piccola, bicicletta piccola. Proprio a Bologna ho trovato tutti i mezzi per rendermi indipendente. Improvvisamente sono rinata e ho colto le opportunità che si presentavano, questa volta nella giusta successione: borsa di studio per diplomarmi in Perito Aziendale e Corrispondente in Lingue Estere, lavoro in una multinazionale olandese che non ho mai abbandonato fino alla pensione, laurea in Scienze Politiche come studente lavoratore. Contemporaneamente succedeva una rivoluzione nei costumi e nella musica che apprezzavo senza capirne la portata culturale, poi il sessantotto, l’autunno caldo, il settantasette, gli anni di piombo, le stragi nazionali e internazionali. Il desiderio di libertà, indipendenza economica, emancipazione e ricerca della verità trovano ancora oggi la piazza come luogo di incontro e condivisione delle mie emozioni.