Bologna la rossa: mattoni, terracotta e mortadella

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Storia della nostra città
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Surge nel chiaro inverno la fosca turrita Bologna,

  E il colle di sopra bianco di neve ride.”

                                                    Giosuè Carducci

 

“Bologna è bella. Gl’italiani non

ammirano, quanto 

merita, la bellezza di Bologna: ardita,

fantastica,

formosa, plastica, nella sua architettura,

trecentistica  e 

quattrocentristica, di terra cotta, con la 

leggiadria delle

loggie, dei veroni, delle bifore, delle 

cornici. Che 

incanto doveva essere tutta rossa e dipinta nel 

cinquecento !”

                                                Giosuè Carducci

 

“Bella e dolce Bologna! Vi ho passato sette anni, forse i più belli...

                                                          Pier Paolo Pasolini


 

Nel centro della città di Bologna e appena fuori le mura, il grigio della pavimentazione delle strade si contrappone alle calde facciate dei palazzi che assumono sfumature di giallo, ocra e rosso. L’origine del colore di Bologna si trova nelle sue colline e nei materiali da costruzione da esse forniti; sono infatti ricche di argilla di ottima qualità e di gesso, la pietra che si estrae è arenaria friabile essendo di natura alluvionale. Le costruzioni sono state quindi edificate con mattoni dalla caratteristica colorazione rossiccia.

Per abbellire e arricchire le facciate si sviluppò l’utilizzo della decorazione con il cotto e la terracotta poiché non si avevano a disposizione il marmo e la pietra; questa tecnica si affermò e fiorì soprattutto nel Quattrocento, ne sono un chiaro esempio: l’oratorio dello Spirito Santo sito in via Val d’Aposa al civico 6, la chiesa della Madonna di Galliera in via Manzoni 6 e la facciata della chiesa del Corpus Domini in via Tagliapietre 21, in quest'ultimo caso l’uso del cotto si alterna a quello dell’arenaria.

In vicolo Borchetta tra l’intonaco, ora nascosta da un segnale stradale, si trova una piccola croce in terracotta,  si tratta dell’unica traccia dell’antica chiesa della Magione.

Il suo nome deriva dall'italianizzazione della parola francese maison che significa casa; qui infatti aveva sede il potente ordine religioso dei Templari, la piccola croce è l’unico simbolo rimasto del passaggio di quest’ordine a Bologna.

Un’ultima curiosità sulla terracotta: in pieno centro storico, in via Oberdan al civico 24,

fu collocata  sulla finestra di Casa De' Buoi  (ex sede del Settore Sistema culturale, giovani e Università del Comune di Bologna), la statua di un cane di razza weimaraner  a grandezza naturale. Si narra che la statua in terracotta Fu commissionata nel 1777 all'artista forlivese Luigi Acquisti dal marchese Tommaso de' Buoi per celebrare la fedeltà e l’amore del proprio cane Tago, il quale, un giorno, per la gioia di vedere rincasare il padrone dopo una lunga assenza si lanciò dal davanzale per raggiungerlo il prima possibile, in questo modo cadde e morì.

La statua è rimasta lì esposta per oltre 200 anni, ora è possibile osservarla presso le Collezioni Comunali d'Arte di Palazzo D'Accursio

Ma il colore di Bologna può essere anche  rappresentato dal suo salume più iconico ovvero la mortadella. La sua origine è avvolta dal mistero, un salume simile veniva prodotto in epoca romana e l’etimologia del nome può derivare da farcimen myrtatum ossia insaccato con mirto oppure farcimen murtarum  da mortaio, lo strumento utilizzato per poter triturare la carne di maiale e andare a comporre il nostro salume.

Sappiamo, grazie a uno statuto del 1242, che durante l’alto Medioevo la mortadella veniva confezionata esclusivamente dalla corporazione dei Salaroli di Bologna, all’epoca il salume aveva un colore maggiormente rossastro dovuto al tipo di carne utilizzata; i maiali del tempo, infatti, erano razze autoctone più simili ai cinghiali, si cibavano esclusivamente di ghiande e frutti del sottobosco e la loro corporatura era più minuta, il loro peso variava dai 30 ai 70 chili.

La ricetta è stata mantenuta segreta per secoli e rivelata solo oralmente ai membri della corporazione. Nel 1644, grazie all’opera dell’agronomo Vincenzo Tanara troviamo la prima ricetta scritta ove oltre alla tipologia di carne (il tessuto adiposo doveva essere di un terzo mentre i restanti due terzi dovevano essere composti da tessuto magro provenienti da tagli pregiati come la spalla o la coscia ) venivano indicate le spezie e gli aromi utilizzati come ad esempio la noce moscata, il sale, lo zucchero, i chiodi di garofano e la cannella.

All’operazione di insaccatura seguiva quella della cottura a temperatura moderata in una stufa.

A causa dell’utilizzo delle spezie nel Seicento la mortadella era considerata un alimento molto costoso infatti il prezzo di una libbra di mortadella era nove volte quello del pane e tre volte e mezzo quello del prosciutto. 

Alimento prelibato compare nel menù del matrimonio di Lucrezia Borgia con il duca d’Este.

Nell’Ottocento grazie al processo di industrializzazione la mortadella cessa di essere un prodotto di lusso e si trasforma nell’alimento popolare che noi tutti conosciamo.

Tra le curiosità ricordiamo la mortadella in scatola creata nello stabilimento di Alessandro Forni: grazie a un particolare macchinario la mortadella veniva inscatolata in un contenitore di latta  ed esportata in tutto il mondo senza perdere le sue qualità; nel libro “ Le avventure di Gordon Pym”, scritto da Edgar Allan Poe nel 1838, viene citata tra le riserve presenti nella stiva della nave.

Tagliata a fette sottili oppure a cubetti, in una  leggera mousse, negli stecchini alla petroniana, dentro al polpettone o come ingrediente imprescindibile per il ripieno dei nostri tortellini la mortadella resterà sempre la regina della nostra tavola.


 

Bibliografia:

-101 storie su Bologna che non ti hanno mai raccontato di Margherita Bianchini

(Newton Compton Editori)

-101 cose da fare a Bologna almeno una volta nella vita di Margherita Bianchini

(Newton Compton Editori)