Scrivere fa bene agli anziani?

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Corretti stili di vita
Anziana che scrive

 

Mi sono posta questa domanda vedendo mia madre scrivere un diario e parlando con i nostri assistiti del servizio e-Care. Ho scoperto che molti anziani tengono un diario, scrivono poesie, pensieri, memorie ed ho quindi approfondito l’argomento e la risposta è sicuramente sì, cercherò di spiegarne il motivo.

Scrivere è un'attività che può apportare molti benefici a persone di qualsiasi età, ma in particolare agli  anziani per  mantenere la loro mente attiva e migliorare la loro qualità di vita. Ci sono molte ragioni per cui scrivere è un'attività positiva per gli anziani, ne vorrei citare alcune:

  1. Migliora la memoria: Scrivere aiuta a rafforzare la memoria, in particolare la memoria a lungo termine e a mantenere la mente attiva.  Quando scriviamo, dobbiamo pensare a ciò che vogliamo dire e tradurlo in parole sulla carta. Questo processo aiuta a fissare le informazioni nella mente e a ricordarle più facilmente in futuro.  
  2. Riduce lo stress: Scrivere può aiutare a ridurre lo stress e l'ansia. Quando scriviamo, possiamo esprimere i nostri pensieri e le nostre emozioni, liberando la tensione e rilassandoci.
  3. Stimola la creatività: Scrivere può anche stimolare la creatività e la fantasia. Gli anziani possono scrivere di ricordi, esperienze o raccontare storie, che possono essere molto divertenti e soddisfacenti.
  4. Migliora le abilità di scrittura: Scrivere regolarmente può migliorare le abilità di scrittura degli anziani. Possono imparare a esprimersi meglio e a organizzare i loro pensieri in modo più chiaro e coerente.
  5. Mantenimento della manualità: Scrivere a mano richiede la coordinazione manuale e l'uso della vista e delle dita, aiutando così a mantenere l’agilità e a prevenire l'artrite.
  6. Opportunità sociali: Scrivere può anche offrire agli anziani l'opportunità di connettersi con altre persone, sia attraverso la condivisione dei propri scritti con amici e familiari, sia attraverso la partecipazione a gruppi di scrittura

In sintesi, scrivere è un'attività molto importante e positiva per gli anziani. Non solo aiuta a migliorare la memoria e a ridurre lo stress, ma stimola anche la creatività e le abilità di scrittura. Incoraggiare gli anziani può aiutare a mantenere la loro mente e il corpo attivi, a gestire lo stress e la depressione, e a preservare la propria storia.

Termino riportando una poesia che ha scritto ed ha  voluto leggermi Paola di anni 80, le ho chiesto il consenso per pubblicarla ed ha accettato molto volentieri.

“La vita distratta" 

Come un cane scodinzola alla vita in attesa di una carezza che non arriva mai, forse distratta mi è passata accanto senza fermarsi. Così gli anni - corvi impietosi - divorano la mia voglia di tenerezza, struggente ricordo di un polveroso passato che d'improvviso ritorna quando riafferro l'amore per la vita dove gelosamente lo nascondo nel vecchio scrigno del mio giovane cuore. “

Se volete condividere i vostri scritti o semplicemente dirci se lo scrivere vi aiuta, oppure commentare la poesia di Paola, ne saremmo felici. 

 

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La fine ingloriosa di un pacchetto di gomme americane (cicles) 

L'episodio risale al 21 aprile 1945 il giorno in cui è stata liberata Bologna. La mattina presto alle 7,  io e mia mamma andavamo munite di secchi e fiaschi alla fontanella di Via Solferino perchè l’acqua usciva più forte di Via Mirasole.

Ad un certo punto, quando  la mamma aveva già riempito i secchi ed io ero rimasta in fila per riempire i miei fiaschi,  vediamo comparire da in fondo a Via Solferino  tre giovani muniti di mitra, erano però in borghese.

Una delle donne in fila cominciò a gridare: : ci sono i partigiani, ci sono i partigiani, iniziammo a baciarci ed abbracciarci. 

Uno dei ragazzi chiese: ci sono delle brigate nere qui in giro? (di fronte alla fontana in un palazzo abitava una famiglia di brigate nere, il figlio più piccolo di 15 anni e l'altro di 18 giravano sempre in divisa  con mitra spianato) 

Io che sapevo questo ebbi un attimo di terrore, se si fossero  affacciati avrebbero fatto una strage, ma le finestre erano chiuse. 

Dopo mangiato andammo in Piazza Maggiore a festeggiare i liberatori. Questi ragazzi ci avevano detto che polacchi e americani erano entrati da porta Mazzini. 

P.zza Maggiore era super gremita, al centro della piazza c'era un carro armato con sopra gli americani che buttavano pacchettini ai bambini. Mi avvicinai sperando di ricevere cioccolata e mi arrivò un pacchettino, lo aprii convinta di trovare la cioccolata,  ma erano le famose cicles, ne metto in bocca una sperando di trovarla dolce e invece ci rimasi malissimo sapeva di origano, rosmarino e di tutto fuorché di dolce, ho buttato via il pacchetto intero e da quella volta non ho più assaggiato una cicles, e quella fu l'ingloriosa fine di un pacchetto di cicles. 

di Rolanda anni 90

Questa mattina Rolanda, seguita dal servizio e-Care, ha condiviso questo racconto.

Non usa il computer e le ho letto l’articolo sulla scrittura, condivide e alla domanda “perchè scrivi”  questa è stata la risposta:  mia nipote mi portò un diario anni fa e iniziai a scrivere quello che mi succedeva nella quotidianità ma il vero inizio fu quando l’operatrice del centro diurno mi chiese di scrivere  un racconto sulla ribellione per fare esercizio. Sulla ribellione ne avevo tantissimi, fin da piccola ero una ribelle e da quel momento ho iniziato a scrivere per rivivere determinati momenti e visto che le operatrici apprezzano il mio lavoro continuo ogni giorno a scrivere qualche cosa, ricordi, quotidianità. In questo modo si sente di portare allegria alle altre signore del centro diurno e mi fa bene alla memoria.

 

 

Giorgio, un nostro assistito del servizio e-Care, mi chiede se possiamo pubblicare questa breve poesia. Gli piace molto scrivere ma purtroppo non ha nessuna competenza digitale, quindi chiede a noi operatrici se possiamo fare da tramite.

 

 

Festa in Paradiso


Carissima Antonella,

"today I have a dream" per il tuo compleanno nostro Sgnore Dio Santissimo ha deciso di dare una festa per la figlia Antonella.
Il Padre Nostro oggi è felicissimo ed ha espresso la sua gioia addobbando il Paradiso in modo particolare, lo ha reso luminosissimo, abbondante di fiori profumati e multicolori. Nel cielo sfrecciano variopinti uccelli che emettono concertini melodiosi, sono: usignoli, tortore, merli, fringuelli. Tutti dotati di particolari melodie. 


Più in basso volano splendide farfalle gioiose, mentre più in alto volteggiano Cherubini e Serafini. Nel prato corrono caprioli, cerbiatti, cervi e scoiattoli e i loro giochi infondono nel cuore una delizia particolare. Gli alberi sono ricolmi di frutti maturi e colorati tra cui ciliegie, pesche, prugne, albicocche etc..
In mezzo al prato c'è un grande roseto, le cui rose sono umide di rugiada notturna, esce il sole il cui calore le asciuga e le fa aprire, e dal centro del roseto appari tu Antonella in tutto il tuo splendore. 


Il tuo sorriso è fatto di grazia e di gioia. 


Un coro di paffuti angioletti ti applaude e sorridendo ti fa il girotondo cantando.
 

Antonella si guarda intorno stupita da tanta bellezza, respira a pieni polmoni quest'aria dal leggero profumo, ammira estasiata tutte le belle cose che la circondano, tutto è bello e perfetto e opera divina e così le viene spontanea una preghiera di ringraziamento. Sissignori! E' mia convinzione che questo non è un "dream" (sogno) ma è pura realtà.

Buon compleanno Antonella! Spero di non averti delusa, e se così fosse, non l'ho fatto apposta.

Giorgio

Dodici mesi

Dice Gennaio - chiudete quell'uscio

Dice Febbraio - io sto nel mio guscio

Marzo - apre un'occhio ed inventa i colori

Aprile - copre ogni prato di fiori

Maggio - ti porge la rosa più bella

Giugno - ha nel pugno una spiga e una stella

Luglio - si beve il ruscello in un fiato

Agosto - sonnecchia in un'ombra sdraiato

Settembre - morde le mie violette

Ottobre - più saggio nel timo le mette

Novembre - fa di ogni sterpo fascina

Dicembre - verso il presepe cammina

 

Giorgio

Argomento interessante. Io consiglio sempre ai nostri anziani di scrivere un diario, meglio se quotidianamente, per mettere nero su bianco i propri pensieri e lasciare le loro memorie in eredità, come a volte viene richiesto spontaneamente da figli o nipoti. 

Bambole

Al ritorno dal catechismo annunciai a mia madre che tutti i miei compagni avrebbero ricevuto un regalo il giorno della Cresima. Cioè il giorno dopo.

Lei, che andava sempre di fretta, si era fermata a guardarmi e, con la mano destra, aveva fatto un gesto di insofferenza. Poi era ritornata alle sue faccende. Io ai miei compiti, dopo aver inghiottito la delusione.
Dopo cena mia madre aveva posato sul tavolo la scatola di latta contenente l’occorrente per il cucito. Era l’inizio del mio regalo, ma ancora non lo sapevo. Con le forbici aveva incominciato a tagliare un rettangolo di stoffa, rosa sbiadito mi pare, avanzo di una sottoveste. Seduta all’altro capo della tavola, fingevo di ripassare i compiti. In realtà, guardavo crescere quella che sembrava dovesse diventare una bambola senza nemmeno tirare il fiato. Il corpo aveva preso forma con un’imbottitura di lana cardata. Due bottoncini neri, sottratti ai polsini di una vecchia giacca di mio padre erano diventati gli occhi e i capelli erano il risultato di alcune gugliate di lana marrone tagliata a pezzi. Mi sto chiedendo come fossero il naso e la bocca. Annaspo un poco in questi dettagli che sembrano sparire nello stesso momento in cui cerco di tradurli in parole.

Quello che rammento è il confronto con la bambola che mia nonna mi regalò il giorno successivo. Di celluloide, piccola con un abitino a quadretti bianchi e azzurri e le trecce nere. Se la sdraiavo, chiudeva gli occhi con un leggero ticchettio. L’avevo chiamata Tatiana e mia madre me la lasciava usare soltanto di domenica per non sciuparla. Non ricordo il nome della bambola di pezza; quello che rammento con certezza è che la portavo ovunque: nella cartella, fra i libri di scuola, in tasca quando andavo a rintanarmi nella cascina per leggere in pace.
So che le parlavo. Per mia madre è stato un dono importante. Per me è stata un’amicizia. Un giorno mi accorsi che le mancava un occhio. 

Molto probabilmente il bottone facente funzioni era servito a mia madre, ma io, che per un problema visivo dovevo portare una benda in un occhio, l’amai ancora di più. Era come me: bruttina e guercia, dunque non ero più sola nel mio essere diversa.

Durante un trasloco persi Tatiana. Al ritorno dal collegio non trovai più l’altra. Capii che la mia infanzia a brandelli era definitivamente finita. Avevo undici anni.
Non le ho mai dimenticate entrambe, ma soprattutto non ho dimenticato il dono di mia madre. Non ho dimenticato quel suo stare china alla luce di un lume a petrolio, stanca di fatica e di pensieri, perché potessi almeno una volta non sentirmi diversa dai miei compagni di scuola nella mia infanzia senza giochi.

Fosca

Tratto da “Bambole – Penna d’autore 2004” finalista premio Letterario omonimo

La bambola che non ho mai avuto

Nella sala da pranzo, oltre alla tavola centrale e una vetrinetta, c'erano anche due letti a turca appoggiati a un'unica parete e separati da un comodino chiamato pomposamente libreria: era la camera che condividevo con mia sorella. Sopra ai due letti ricordo ancora le coperte di cretonne beige con campanule di colore rosa fuxia e rosa cipria, intrecciate tra loro con ramoscelli di foglie screziate di verde, che rallegravano l'ambiente. Solo sul letto di mia sorella, allora adolescente, troneggiava una bambola bellissima e intoccabile. Quella bambola aveva una storia e una vita speciale, ma di questo allora, poco m' importava. Sapevo che era di biscuit e mia sorella l'aveva ricevuta in dono, da Nina, un'anziana signorina amica di famiglia ed esperta ricamatrice e sua Madrina di Cresima. Sapevo anche che la bambola aveva rallegrato l'infanzia di Nina, e che per quell'occasione, le aveva fatto un abito tutto nuovo proprio come quello che aveva cucito affinché mia sorella lo indossasse in quel giorno così importante. Persino la cuffietta e il velo erano identici! Io che godevo della fama di disintegrare tutto quello che mi capitava a tiro non potevo prendere in braccio quella bambola però sapevo come fare. Fin da piccolissima soffrivo di una ciste al collo e la cura era quella di non farmi piangere e non mi ci volle molto comprendere come dovevo comportarmi per ottenere qualcosa. Allora, quando mia sorella non era in casa, io cominciavo a frignare chiedendo la bambola e mia madre, per aver pace, me la faceva tenere in braccio guardandomi a vista. Un giorno però mia sorella se ne accorse e si arrabbiò tantissimo. Da quel momento sembrò che anche un solo mio sguardo potesse rovinare la bambola tanto è vero che sparì da sopra il letto. Io iniziai a cercarla in modo sistematico perlustrando armadi, cassetti, sgabuzzino... ma della bambola nessuna traccia. Passaro decenni e ci volle un trasloco, seguito dalla malattia di mia madre perché, improvvisamente, aprendo un cassetto, avvolta in un asciugamano di lino , come in un sudario, la bambola mi apparisse straordinariamente bella. Ne accennai con mia sorella facendo domande velate, supposizioni sulla presenza in casa di quella vecchia bambola, ma lei ne negò l'esistenza e soprattutto mi accusò di avergliela rotta io quando ero piccola. Per mia sorella, che si era sempre prodigata per me, fatto regali costosissimi, quella bambola doveva rappresentare qualcosa di estremamente importante che io non potevo comprendere.

Quel giorno avrei potuto andare a prenderla, sapevo dov'era , ma non lo feci, preferii restare in silenzio, ma la bambola da quel cassetto sparì.

Srotolarono via altri decenni, mia sorella si ammalò, seguirono anni di badanti e poi la sua morte. Cercai a lungo la bambola, in qualche angolo ci doveva essere perché in me c'era la certezza che mai, mia sorella, se ne sarebbe separata e per me divenne sempre più imperativo trovarla .Volevo che le fosse accanto, che l'accompagnasse in quell'ultimo suo viaggio, ma in casa non c'era più. Al mio dolore si unì il rammarico per non poter metterle accanto quella sua bambola e i suoi misteri, che mai aveva voluto condividere con me.

Mariella

ANTONIA LUISA detta LUISELLA ci propone due sue poesie.
Antonia Luisa detta Luisella che racconta: <io avrei dovuto chiamarmi Antonia Luisa ma fin da piccola mi hanno sempre chiamato: ”Luisella”> E’ arrivata da poco tempo nel nostro gruppo “Fortemente” è una new entry; ci ha raccontato alcune tappe della sua vita oltre ai motivi che l’hanno spinta a scrivere le due poesie. 
E’ nata in Sardegna nel 1945 a Carbonia* 
Nel 1960 ha lasciato la Sardegna, con molto dispiacere, per trovare un lavoro stabile. Ora vive a Bologna da 58 anni dove ha fatto diversi lavori come dipendente e dove ha conosciuto il marito GRAZIANO. I due  si sono sposati nel 1970; purtroppo il destino ha voluto che Graziano venisse a mancare nel 2021, lasciando un grande vuoto nel cuore di Luisella, per questo ha pensato di scrivere le due poesie che ci ha proposto e noi vogliamo condividere con i lettori di YOUBOS. 

*    Carbonia: il nome della città indica letteralmente il luogo o la terra del carbone che è il tipico insediamento a bocca di miniera; (attualmente le miniere di carbone sono tutte chiuse). Tuttavia nel primo quinquennio degli anni 2000 la città ha avuto una notevole crescita nel settore dei servizi, in particolar modo grazie alle nuove attività commerciali sorte in città e del turismo, legato soprattutto all'archeologia industriale: a questo riguardo va segnalata la ristrutturazione della vecchia miniera di Serbariu, riconvertita a museo, che oggi ospita il Centro Italiano della Cultura del Carbone.  

*  Carbonia, tipico insediamento a bocca di miniera, è forse la più importante e ambiziosa tra le città di fondazione del fascismo e fu inaugurata il 18 dicembre 1938, dopo meno di un anno di lavoro.
Il fulcro della città è la piazza articolata in un sistema di spazi che si raccolgono intorno al nucleo centrale, contenente i principali edifici pubblici come altrettanti monumenti della città medioevale: il municipio, su progetto di Enrico Del Debbio, la torre littoria e il dopolavoro di Pulitzer Finali, le poste dovute a Raffaello Fagnoni, la chiesa di Guidi e Valle. Essi via via digradano verso il verde della villa del direttore delle miniere, progettata da Eugenio Montuori e divenuta oggi la struttura pubblica che ospita il Museo archeologico.

Marcello Camilli dal gruppo ForteMente. 
 

SARDEGNA MIA

Sardegna mia quanto sei bella e indimenticabile

Ti sei fatta conoscere in tutto il mondo per i colori

Del mare, i profumi, i sapori e l’ospitalità di noi Sardi.

Quanto mi manchi!!! …. Ti ho sempre nel mio cuore!!!

Mi manca tanto la sirena che suonava e indicava 

L’uscita degli operai della miniera mentre adesso 

Quando vengo a trovarti non sento più quel suono 

Ma vedo la mia città vuota e tanta tristezza nei giovani

Che non riescono a trovare il lavoro dove sono nati.

Sardegna mia aiutali a non fuggire via come me

dai vita alla nostra  gioventù così che non

Soffrano di nostalgia come me.

Grazie Sardegna mia

Antonia Luisa, detta Luisella

 

CIAO SARDEGNA 

Ciao Sardegna mia

Sono qui per dirti: Sardegna mia volevo venirti a trovare, 

Purtroppo è venuto a mancare la mia dolce metà!

A lui piaceva tanto andare in Sardegna per vedere le cose

Meravigliose che ci sono.

Ammirava il colore del mare, quando andava a pesca, 

il colore del mirto e della sabbia.

Spero un giorno di poter tornare nella mia terra, per vedere la città 

dove sono nata (Carbonia)  e se i giovani hanno trovato lavoro.

Grazie Sardegna mia.

Antonia Luisa, detta Luisella

Paura

Entro in un tunnel

il buio mi avvolge

avanzo sfiorando la parete

sono sola.

Cammino

senza conoscere la meta

ho paura

grido il mio nome

rimbomba

riecheggia

ora si dipana

in acuti stridii.

Mi ammutolisco

esisto

non vedo alcun chiarore

né la luce che vado cercando

non posso più tornare indietro.

Mi sovrastano giorni felici

persone che mi hanno amato

quelle che mi hanno aiutato

e illuminano la strada che ancora mi resta.

21 giugno 2023 corso Maria Luisa Pozzi

 

 

Signora morte.

In un pomeriggio di sole

quando la risacca invita tra le onde

per tre volte mi sei passata accanto

ma la tua falce non mi ha reciso,

però hai lasciato una scia che odorava di carni putrefatte.

Hai deciso di concedermi uno spezzone di vita,

mentre il tuo ghigno occupa tutta la mia mente,

la tua risata beffarda riecheggia tra letti di spine.

Perché mi hai lasciato vivere?

Che altro vuoi da me?

Però ti ringrazio per questo scampolo di tempo

per volgere il mio sguardo al passato.

Per ricordare tutti gli attimi felici

ma soprattutto per chiedere perdono

per tutti gli errori commessi.

Dal S. Orsola 7 luglio 2023 ore 2.30

 

Mariella