Ricordi da raccontare ... parlaci del tuo Natale

Buongiorno a tutti!

Con questo post vorremmo proporvi di percorrere insieme il cammino che ci accompagnerà fino al 25 dicembre.

Ci piacerebbe da qui al giorno di Natale condividere un vostro ricordo che racconti le vostre  avventure, tradizioni, giochi, sentimenti legati a questo evento speciale che renderanno questo giorno che stiamo attendendo un Natale prezioso

NATALE

di Giuseppe Ungaretti

Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata

Qui
non si sente
altro
che il caldo buono

Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare

Ieri una signora seguita dal servizio e-Care ci ha letto  questa Poesia di Ungaretti che vogliamo condividere con voi.

L'albero di Natale di Renata

Renata inizia a preparare l'albero già adesso ai primi di Dicembre per anticipare il clima della festa. Rispettando la tradizione di allestirlo l'8 dicembre si è resa conto che erano pochi i giorni, il clima natalizio era breve. L' appassiona decorarlo e vedere l'interesse dei nipoti di 11 e 17 anni. Prepareranno poi insieme i tortellini e decideranno quando festeggiare il Natale. L'albero con le luci accese nella sua casa è il suo personale contributo di speranza.

 

La leggenda di San Nicola

Forse non tutti sanno che il mitico Babbo Natale trae le sue origini  dalla leggenda di San Nicola vescovo, vissuto nel IV secolo e che si festeggia tradizionalmente il sei dicembre.

Un'antica tradizione racconta che San Nicola regalò la dote a tre giovani molto povere, perché potessero sposarsi, senza dover prostituirsi per mettere insieme lenzuola , federe, tovaglie e asciugamani. Inoltre sempre san Nicola, in un'altra occasione salvò tre bambini ma non si sa da che cosa. Da allora però, per ricordare i prodigi di questo santo, si iniziò a scambiare doni proprio il sei di dicembre soprattutto in Germania , nella penisola Scandinava , ma anche in alcune regioni italiane come l'Alto Adige ,  e città che si affacciano  sul mar Adriatico da Trieste a Bari .

Nella notte del cinque dicembre,  in groppa al suo cavallo bianco San Nicola, con tutti i suoi paramenti da vescovo , come Babbo Natale, inizia a passare di casa in casa per lasciare dentro alle scarpe dei bambini buoni,  ma anche delle persone meritevoli , aggiungo io, messe fuori dalle porte, i suoi bei doni assieme a dolciumi e a tanta  frutta. A fianco del santo però viaggia anche un suo servitore , un diavoletto peloso , che ha il vizio di indicargli  i bambini e le persone cattive . Naturalmente queste non verranno premiate, ma troveranno nelle loro scarpe carbone e cenere.

 Peccato che la notte di San Nicola sia già passata e mi sono dimenticata di mettere fuori dalla porta tutte le scarpe e gli stivali in mio possesso ... un po' di arance , kivi e mele, con i prezzi che corrono, mi avrebbero fatto comodo.

 

da Mariella

I MIEI RICORDI DI NATALE

Un ricordo di quei tempi: si svolgeva l'8 dicembre "La festa dell'immacolata". In quel giorno si erano preparate molte cose da bruciare fin da settimane prima, per fare dei fuochi grossi chiamati " Focarò". La raccolta veniva fatta principalmente da ragazzi più grandi: mio fratello di otto anni più di me ed altri suoi coetanei, ma anche noi più piccoli facevamo la nostra parte. Fra gli ingredienti c'erano anche copertoni delle ruote delle macchine ... che facevano un gran fumo e molta puzza, ma ci si passava sopra. Quando poi si faceva sera si appicava il fuoco e tanti altri fuochi venivano accesi un po' dappertutto, così che si vedevano e si faceva il confronto con gli altri. Si sperava che il nostro fosse il migliore e durasse più a lungo. Mia madre e le altre donne, intanto, recitavano  preghiere e innalzavano buoni auspici.

Gianni

Gruppo ForteMente

Come è nato il calendario dell'Avvento

In Germania un bambino di nome Gerhard appena gli alberi finirono di perdere le foglie e la prima neve cominciò ad imbiancarli cominciò a chiedere alla sua mamma:

“Ma quando arriva il Natale?” La sua mamma che non aveva tanto tempo da perdere e faticava a trovare una risposta esatta si limito a dirgli:

“ Presto , vedrai che presto sarà Natale!” Intanto i giorni passavano e Gerhard continuava a chiedere:

“E adesso quanti giorni mancano a Natale?” Un giorno la donna diede un'occhiata al calendario, era il primo dicembre ed ebbe una idea. Assieme al suo bambino impastò  farina, uova , zucchero e cannella e fece ventiquattro biscotti dalle forme più strane e li decorò con uvetta, canditi e mandorle poi li mise in forno e quando furono cotti li mise in un vassoio poi chiamò il figlio e gli spiegò:

“Questi sono i biscotti dell'Avvento, ne potrai mangiare solo uno al giorno e quando li avrai finiti sarà Natale. hai capito bene?”

Il bambino accennò di sì con la testa, si attenne alle disposizioni date dalla mamma e aspettò l'arrivo del Natale sapendo quando sarebbe arrivato.

Questa non è una favola e la vera storia di Gerhard Land e della sua ingegnosa mamma. Da allora in Germania, e via via in tutta Europa, si è propagato il Calendario dell'Avvento fatto appositamente per i bambini.

Mariella

I MIEI RICORDI DI NATALE

I miei ricordi di Natale ?

Sono nata a maggio nel 1940, anno che è stato funesto, dalla guerra e dalla paura delle bombe. La  mia famiglia cercava di farsi coraggio nonostante il rischio di rimanere senza casa. La nonna materna, che molto ha influenzato la mia educazione, cercava di portare in casa una certa serenità. Era una donna che aveva conosciuto l'Europa in lungo e in largo perché sua padre era un artista: dipingeva e scolpiva e spesso si spostava, con tutta la sua famiglia al seguito, per eseguire ritratti e statue ovunque fosse richiesto. La nonna parlava diverse lingue e questo mi incuriosiva tanto. Lei aveva festeggiato il Natale in tanti modi e paesi diversi e quindi influì molto nelle usanze nostre e altrui mescolandoli. Il nonno Carlo, suo marito, l'assecondava e avendo molta manualità, l'aiutava a creare un presepio molto ricco. Le zie cucivano i vestiti delle statuine e, soprattutto, i re magi erano veri principi orientali .. Anche se usavano stoffe di fortuna che trovavano in un posto che, ricordo, chiamavano "America stracci". Per il giorno di Natale nonna e zie si industriavano ad andare a trovare i contadini vicini per rimediare qualche gallina e un poco di maiale. Una volta la mia nonna e zia Gianna rischiarono di rimanere sotto un bombardamento: erano andate in campagna a cercare una gallina e della verdura che in città costavano tanto!! Ricordo spesso, quando preparo con comodo e abbondanza, il pranzo di Natale questi vecchi Natali così diversi, ma sicuramente felici.. e qualche volta li racconto ai miei figli e nipoti.

Giovanna                                          

Gruppo ForteMente

I MIEI RICORDI DI NATALE

 

Ricordo i preparativi del Natale nella casa di campagna  a Portomaggiore, del nonno paterno  di nome Chiarissimo. Il nonno chiedeva ai nipoti di appendere i calzettoni al camino. Lui li riempiva con arance (comperate appositamente a Bologna), castagne secche e poche caramelle, niente carbone perché io e mio fratello eravamo bravi bambini. Questo era il regalo di Natale.

Il generale Vaccari, il principale del nonno e del papà Enrico, regalava giochi bellissimi: la casa di legno delle bambole con il letto e il lenzuolo, credenza, pannello con appesi i tegami e accessori per cucinare per le bambole. Era così bella che io ci giocavo davanti al camino sulla tavola da pranzo. Facevamo il presepio con il muschio raccolto nei campi ... l'albero di natale è arrivato dopo, con la nascita della mia prima figlia, e l'abbiamo piantato fuori ... ed è ancora lì !! Quindi ha oltre sessanta anni.

Desdemona

Gruppo ForteMente

Gli zampognari

Credo che a tutti noi sia capitato, almeno una volta, passeggiando in centro, in questo periodo prenatalizio di imbattersi in due zampognari con indosso camicie scozzesi, un enorme gilet di pelle di pecora e sopra un ampio tabarro che suonano e cantano canzoni natalizie accompagnati dalla zampogna. E' una tradizione soprattutto napoletana, meridionale in genere, ma che ha origini antichissime. Il primo zampognaro di cui abbiamo scritti è addirittura  l'imperatore Nerone che suonava uno strumento a fiato chiamato "utriculus", un lontano parente della zampogna. Ma "l’utricularium" era il prodotto romano di uno strumento molto più antico e suggestivo, legato alla iconografia e alla leggenda del Dio Pan, che era metà uomo e metà capra e che, nella Grecia Arcaica, proteggeva anche i pastori e le loro greggi .

Tralasciando il dio Pan e venendo a tempi più recenti posso dirvi che la zampogna, costruita con pelle di capra e legno, è uno strumento musicale fortemente legato alla pastorizia. I pastori, durante la transumanza, portavano con loro le zampogne e, nei momenti di pausa, erano soliti intonare dei veri e propri concerti.

Col passare degli anni, nel periodo dell'Avvento, i pastori zampognari lasciavano le greggi e scendevano nei paesi, deliziando gli abitanti suonando canti natalizi. Si esibivano soprattutto in due o tre, vestiti alla maniera dei pastori, con in più, legato al collo, un fazzoletto rosso.

Anche ora è il pastore più anziano che suona la zampogna, mentre il più giovane suona la cosiddetta ciaramella e canta. Fin dal 1754 nel loro repertorio è entrata la canzone più conosciuta e più cantata del Natale  ovvero la canzone napoletana “Quanno nascette Ninno” italianizzata in  

"Tu scendi dalle Stelle".

Si racconta  che, nel primo presepe fatto da San Francesco d'Assisi, fossero presenti anche due zampognari.

Auguro a tutti voi una passeggiata nel nostro bellissimo centro e di incontrare due zampognari così vi faranno gustare ancora di più lo spirito natalizio.

Mariella

 

Il Pandoro Melegatti

Anche i dolci hanno le loro leggende che si intrecciano con la realtà. Voi sapete da chi e quando è stato inventato il Pandoro il grande rivale del Panettone Milanese? Intanto la prima cosa certa che il Pandoro è nato a Verona come degno discendente del “Nadalin” un dolce burroso e morbido a forma di stella. Altri invece pensano che derivi dal Pane di Vienna un dolce molto simile all'impasto delle brioche di provenienza asburgica. Altri ancora affermano che ci siano tracce di questo dolce natalizio già nel 1500 nella Repubblica Veneziana

Di certo sappiamo che un certo signor Domenico Melegatti di professione pasticcere il 14 ottobre dell'anno 1884 riuscì a ottenere il brevetto ufficiale dal Ministero di Agricoltura e Commercio del Regno d’Italia per produrre il dolce. Per la sua ricetta, Melegatti si ispirò a una vecchia tradizione contadina veronese. La sera della vigilia di Natale, le contadine si riunivano in una casa per impastare il cosiddetto “Levà”, un dolce lievitato ricoperto da granella di zucchero e mandorle. Melegatti prese la ricetta del “Levà”, aggiunse uova e burro alla ricetta originale in modo da rendere più morbido l'impasto e infine eliminò la granella di zucchero e le mandorle che rischiavano di creare problemi alla lievitazione.

Al signor Melegatti piaceva fare le cose in grande e allora per la forma del suo dolce chiese aiuto al pittore veronese Angelo Dall’Oca Bianca, che disegnò lo stampo a piramide tronca e otto punte che contraddistingue ancora oggi il noto dolce natalizio. Per il nome occorre appellarci alla leggenda, l’espressione “Pan de oro”, poi contratta nell’attuale Pandoro, sembra sia dovuta dall'esclamazione di un garzone della pasticceria, che stupito dal colore dorato, esclamò: “ L'è un Pan de oro! ”

Il signor Melegatti era un pasticcere molto intraprendente tanto e vero che sull’ Arena del 21 e 22 marzo 1894, sei mesi prima di ottenere il brevetto, comparve un avviso pubblicitario che annunciava il nuovo prodotto in questo modo:

“Il Pasticcere Melegatti avverte la benevola e numerosissima sua clientela di aver allestito un nuovo dolce che per la sua squisitezza, leggerezza, inalterabilità e bel formato l’autore lo reputa degno del primo posto nomandolo Pan d'oro. Le commissione si assumono con il preavviso a un giorno fino alle tre lire di due giorni con prezzo maggiore. Per assaggio si trovano sempre pronti  pezzi da centesimi 10 -50 e lire 1”

Questo dolce ebbe subito un gran successo e molti vollero imitarlo senza però riuscirci.

Il signor Menegatti che era anche un buontempone offrì la ragguardevole somma di lire mille a chi avesse trovato la ricetta esatta a quella depositata, ma pare che nessuno osasse cimentarsi.

Il 24 maggio 1896 “Can de la Scala” il giornale satirico di Verona, pubblicò una caricatura di Domenico Melegatti accompagnata da una quartina in rima baciata:

“El sta de fassa a S.Giovanni in Foro

E l’à inventà el pandoro

E i pastisseri da la rabia muti

I l’à voludo simiotarlo tuti”

 

Il Pandoro Melegatti ha accompagnato tutti i più bei Natali della mia infanzia e della mia giovinezza.

Mariella

La notte di Santa Lucia

In campagna, in provincia di Verona dove ero sfollata durante la guerra la tradizione voleva che Santa Lucia nella notte tra il 12 e il 13 dicembre , “la note più longa che ghe sia” recita un vecchio detto veneto e in realtà per noi bambini lo era ,si recasse, cavalcando un asinello, in tutte le case dei bimbi buoni lasciando un dolce ricordo del suo passaggio: biscotti caramelle, arance e anche giocattoli.

Come da tradizione, durante la giornata, avevo preparato in una tazza del latte e una fetta di polenta per Santa Lucia e una manciatina di sale per il somarello con il quale lei si spostava. Per ottenere un po' di sale dalla nonna avevo dovuto fare diversi lavoretti perché durante la guerra il sale era difficile da reperire, era costosissimo e lo vendeva solamente lo “spesial” ossia il farmacista. Lo pesava su una bilancia particolare che teneva in bella vista sul bancone. Nel centro della sua base rettangolare e smerlata di marmo bianco si ergeva un tubo che assumeva la forma di un serpente che teneva in bocca un'asta dove erano appese due ciotole a semisfera di ottone. Nella base di marmo c'erano incastrati anche i pesi, dal mezzo chilo al grammo.

Santa Lucia si annunciava sin da molto lontano, ma appena sentito lo scampanellio bisognava correre subito a letto e mettersi a dormire perché altrimenti se mi trovava sveglia non si sarebbe fermata. Io avevo adempiuto a tutte le regole, ma quella mattina quando mi svegliai all'alba e andai a controllare sul camino, per me non c'era nulla. C'erano i doni per mia cugina Gianilla e per Luigi ma per me nulla di  nulla. Guardai sopra e sotto al tavolo, nella madia...niente Aprii la finestra e sul davanzale, il piatto che avevo preparato, come gli altri era vuoto. Alquanto indispettita con Santa Lucia che si era mangiata tutto senza lasciarmi niente decisi di tornare a letto senza fare il minimo rumore perché non volevo farmi vedere con le lacrime agli occhi. Con mia grande sorpresa sotto alla trapunta erano sparse caramelle, arance e un monopattino in legno come avevo chiesto. Dall'enorme delusione passai a un'indescrivibile felicità. Inforcai il monopattino che con le sue due rotelle di ferro faceva un rumore infernale sul pavimento di assi e gridando a squarciagola “Santa Lusia l'è vegnua!” andai, di camera in camera, a svegliare tutti quanti mentre dentro di me pensavo :" Meno male che non l'ho incontrata perché ero così arrabbiata che chissà che cosa le avrei detto e lei si sarebbe portata via tutto!"

Mariella

I MIEI RICORDI DI NATALE

Per Natale non c'erano ancora dei regali grandi, solo delle cose semplici come ... una cioccolata o cose del genere. I regali li facevano per l'Epifania - la Befana come noi dicevamo. Quando ero piccola non ricordo certo, però le cose che io preferivo erano le bambole. Io avevo tante cose perché ero la più piccola delle altre sorelle e allora i regali erano migliori di quelli che erano stati per le mie sorelle.  I giocattoli? Bamboline ... una volta mi hanno comperato tutto quello che occorreva in cucina: una stufetta con i tegamini... e bambole.

Per Natale facevamo il presepe più piccolo o più grande, ma c'era sempre il presepio! Lo faceva la mia mamma, poi anche le mie sorelle più grandi, con il muschio e le statuine che tenevamo per l'anno dopo. Il papà aiutava solo quando c'era bisogno di accendere le lucine, non aiutava a mettere a posto le statuine.

Si festeggiava in famiglia; noi, poi veniva una mia zia (la sorella di mio padre) con il marito, perché loro non avevano figli, allora venivano a festeggiare il Natale da noi che eravamo tre sorelle ... e venivano con dei bei regali per noi. Poi facevamo il pranzo; per le feste natalizie c'erano sempre i tortellini ( le lasagne le abbiamo incominciate a fare dopo) e per  dolci la ciambella e la pinza.

Prima abitavo a Casalecchio, poi sono venuta a Bologna e abbiamo incominciato a fare l'albero di Natale a casa ... e lo faccio ancora!!!

Romana

del Gruppo ForteMente

 

I MIEI RICORDI DI NATALE

Tutti gli anni, in occasione del Natale, la mia mamma mi portava al "Mercatino di Santa Lucia" di fianco alla chiesa dei Servi. Ero tanto felice perché potevo acquistare qualche statuina nuova da mettere nel presepio. Per l'albero di Natale sceglievo sempre una bella pallina colorata da attaccare all'albero. Ho conservato queste vecchie palline in una veccia scatola. Tutti gli anni quando le prendo fuori per appenderle all'albero, sono assalita dai ricordi e da una grande commozione. Ricordo che con la mamma guardavo tutte le bancarelle e, alla fine, la mamma mi comperava lo zucchero filato e un pezzettino di torrone. Ero così felice che mi pareva di toccare il cielo con un dito. Ricordo che, mentre con mia cugina preparavamo il presepio vicino al camino, i miei nonni preparavano i famosi "Panoni di Natale". Era quasi un rito che durava più di quindici giorni, Il nonno acquistava tutti gli ingredienti scritti su un foglietto dalla nonna; se dimentica qualcosa era una tragedia!! Ci voleva il cioccolato, la frutta secca, i canditi ecc. .. Quando i panettoni erano cotti, apparivano belli, scuri e lucidi. Erano profumatissimi e sapevano di cose buone e golose. Venivano decorati con frutta candita e facevano parte dei regali destinati ai parenti e si mangiavano il giorno di Natale, dopo i tortellini e l'arrosto.

Il nostro albero di Natale veniva decorato con le palline e festoni, ma anche con mandarini e frutta secca.

Quando sono andata in collegio, a otto anni, il Natale ha preso il sapore di grande attesa. Aspettavo con grande ansia la vigilia che la mia mamma mi venisse a prendere e mi portasse  a casa dove sarei rimasta per quindici giorni. Per me era la vacanza più bella, più lunga e più attesa di tutto l'anno. In occasione del Natale mi facevano trovare dei regali: la mamma un libro e il torrone, la nonna mi faceva la bottiglia del "vov" per mettersi in forma, gli zii il cappottino nuov e i vestiti e le scarpe, ero felice di togliermi la divida del collegio. Ero felice!!!!

I momenti duri arrivavano la sera dopo la Befana, quando dovevo rientrare in collegio.

Ancora oggi, quando entro al Baraccano (il mio collegio), rivedo lo scalone che dalla portineria portava al piano di sopra, mi vengono in mente tutti i pianti che mi sono fatta in silenzio. Non volevo lasciare la mia casa, la mia mamma e la nonna. Sapevo che mi sarebbero mancate tanto.

 

MIRELLA

GRUPPO FORTEMENTE

I MIEI RICORDI DI NATALE: Poveri ma felici!

Io non ho molti ricordi del mio Natale da bambina. I miei primi cinque anni li ho trascorsi a casa dei nonni e non ricordo niente. A casa dei miei genitori il Natale non si festeggiava. Papà andava in negozio, a mezzogiorno tornava a pranzo dove non dovevano mancare i tortellini e la salamina. Una cosa alla quale teneva molto era la letterina sotto il piatto; anch'io aspettavo il momento della sua lettura con ansia. Quando ero bambina non si usava fare i regali, ma si facevano per la befana. Papà diceva che erano soldi buttati e non era il caso, dopo aver faticato tanto, buttarli via così.

I miei Natali veramente belli li ho trascorsi dopo sposata con mio marito e le mie bambine. Quello più bello è stato, forse, il Natale dell'anno 1950, era nata da qualche giorno la mia piccola Laura portando gioia e tanta felicità nella nostra casa. Non eravamo ricchi, ma eravamo molto felici.

 GIORDANA

Gruppo ForteMente

 

I MIEI RICORDI DI NATALE

Quando si avvicinava il Natale noi bambini eravamo felicissimi .. non perché si celebrava la nascita di Gesù, ma perché iniziavano le vacanze. Giorni prima mio padre incominciava a preparare il presepe, credo lo facesse con piacere perché ci lavorava con impegno fino a sera tardi. I Re Magi scendevano da una strada formata da due assi inchiodate insieme e tutti i pastori erano già davanti alla capanna in attesa del grande evento. Il bambinello non c'era, si metteva la notte di Natale dopo una tradizionale processione intorno al tavolo di cucina. Mio fratello più piccolo apriva il corteo portando in mano il bambinello, poi seguivamo noi, chiudevano il corteo i genitori che recitavano delle litanie.

Un anno avemmo ospiti quattro cugini e anche loro seguivano il corteo, ma non riuscivano a trattenere le risate. I miei genitori, religiosissimi e tradizionalissimi, non finirono la cerimonia, ma quei cugini non li invitarono più per il Natale!!

Il giorno di Santo Stefano si visitavano i presepi allestiti nelle chiese. In Santa Rita, accanto al presepe, avevano allestito un piccolo palco dove i bambini salivano, recitavano le poesie di Natale, in premio, ricevevano un sacchettino di caramelle. Anche i miei fratelli ed io ci alternavamo  sul palco per scendere poi con l'ambito premio.

Un anno, sul palco, mi emozionai tanto che dimenticai le parole della poesia, balbettai qualche strofa e poi cominciai a piangere. Ebbi ugualmente il mio desiderato sacchettino.

Alla fiera di Sanata Lucia si andava tutti gli anni e ogni anno si comperava un pastore, o una pecorina o delle ochette, o il ponte per il laghetto. Così un po' alla volta si costruiva il presepe. Le statuine erano in cartapesta, fragili. Infatti molte statuine nel nostro presepe erano decapitate e mio padre le rabberciava alla meglio. Allora non si allestiva l'albero, almeno a casa mia; però alla fiera di Santa Lucia vendevano gli abeti, le palline colorate e i fili d'argenti. Noi bambini eravamo estasiati da tutto quel luccichio, dalle cascatelle d'acqua, da quella infinità di statuine, una diversa dall'altra, e guardavamo in estasi. Poi si ritornava a casa con un pezzetto di croccante da gustare per la strada durante il ritorno.

Il giorno di Natale si faceva festa anche a tavola: la mamma aveva preparato i tortellini cotti in un buon brodo. A scuola avevamo scritto la letterina per il papà con tanti buoni propositi e tante scuse perché avevamo fatto arrabbiare durante l'anno. Le letterine erano tre, ornate con brillantini, le mettevamo sotto il piatto di papà che dondolava e il brodo rischiava di strabordare, ma papà indifferente, teneva stretto il piatto e a fine pranzo, con grande sorpresa estraeva le letterine, le leggeva e ci regalava una monetina.

Teresa

del Gruppo ForteMente

 

 

 

I MIEI RICORDI DI NATALE

Quando ero piccola, Natale era diverso da com'è adesso. Molto meno sfarzoso, ma non meno bello. A casa nostra, abitavamo in campagna, non facevamo l'albero. Raccoglievamo dei rami e li addobbavamo con mandarini e arance, quello era il nostro albero di Natale. Poi facevamo un piccolo presepio con le statuine di gesso appoggiate sul muschio che avevamo raccolto nei campi. Anche la capanna era artigianale, le faceva mio padre con dei pezzi di legno. Poi il pranzo, con un bel cappone che serviva anche per fare il brodo per i tortellini. E i regali? Niente giochi, ma un vestitino, un maglioncino ci facevano felici. Così a Natale e a Pasqua "si spianavano" i vestiti nuovi. Questo era il Natale di quando ero piccola, un giorno indimenticabile.

CARLA

del Gruppo ForteMente

 

 

Grazie Mirella, bellissimo ricordo, ci siamo proprio sentite qualche giorno fa e abbiamo parlato proprio del Natale e dei ricordi legati a questa festività. Auguri di Buone Feste

Era Natale. È Natale

L’albero è là, troneggia maestoso accanto al Gigante. Ammirato e fotografato.
“Mamma, mancano gli addobbi! Proprio quegli uomini non sanno fare! Magari li invitiamo a casa, così vedono il nostro e imparano!”.
Una bambina ancora piccola e parla come un adulto che ha fretta di dire la sua! Infatti, gli addetti alla sistemazione, sul maxi abete, di lucine più o meno colorate, più meno grandi e quant’altro occorre per strappare tanti “oh!” di meraviglia sono lì, indaffarati e compresi nel loro lavoro.
La bimba strattona la mamma che sembra avere fretta e poco interessata all’albero e alla festa. “Mamma, senti. Glielo spieghiamo noi adesso. Mamma fermati. Non capisco perché non mi ubbidisci!”
Qualcuno sorride divertito a madre e figlia. Quest’ultima si nasconde, finta vergognosa, dietro il lungo cappotto della mamma! Anch’io sorrido, non alla scenetta, ma a un ricordo lontano di quando le mie nipoti erano piccoline e mia madre, se mi vedeva seduta sul pavimento a giocare con loro, ripeteva come un mantra che la bambina ero io.
Una sola volta le ricordai che io, alla loro età, non sapevo neppure cosa fosse l’albero di Natale. Alle elementari, però, scrivevamo la letterina da mettere sotto il piatto del babbo che faceva le veci di Babbo Natale.
Quando mia sorella tornò da scuola parlando di questo benedetto albero, eravamo già alle medie e ne scoprii anch’io il significato pur non vedendo, in casa nostra, grandi cambiamenti. E neppure avevamo tante cose da appendere. Mia sorella era piuttosto brava in questa cosa, nacquero così deliziosi nastrini elaborati con la carta stagnola, mandarini incartati con più involucri di caramelle e cose del genere. A me sembrava che fosse tutto bellissimo e, unito al pranzo di mia madre, con cappelletti, lesso con verdure, arrosto, latte brulé e vino dolce, il tutto diventava pure tutto buonissimo.
Gli anni scorrevano veloci, le nostre vite cambiavano, i tempi dell’infanzia e dell’adolescenza erano scomparsi ed io entrai nel mondo dei regali scambiati fuori dall’ambito famigliare. Anche i piccoli omaggi dei negozi consueti, come il parrucchiere, il farmacista, il bottegaio del paese si aggiungevano ai doni di amici e colleghi, insomma una serie di... pensierini natalizi non indifferenti.
Mi piaceva esporre tutto e aprire i pacchetti la mattina di Natale ancora con il pigiama indosso.
I cambiamenti nella mia vita sono stati tanti, incominciai a trascorrere questa festività con i miei genitori, mio fratello e la sua famiglia. Non so come nacque la storia di aprire i miei regali con loro. Molto probabilmente fu la sua secondogenita, divertente e petulante a stabilire il... programma! Arrivavo da loro alla vigilia, il tempo di parcheggiare l’auto e loro erano già lì, pronte una a recuperare la mia micro borsa da viaggio, l’altra ancora più svelta ad afferrare la sporta quasi piena per depositarla rigorosamente sotto l’albero in sala da pranzo. Si cenava, poi tutti a fare la gara con il nonno, mio padre, a chi faceva meglio e più cappelletti! Il cane di turno aveva il permesso di girare un po’ attorno alla tavola: sapeva benissimo che ognuno di noi gli avrebbe allungato un pizzico di ripieno con un’indifferenza che non passava inosservata a mia madre, anche se aveva rinunciato a brontolarci!
A svegliarmi erano le mie nipoti, la primogenita con le ciabattine allacciate insieme per non perderle! In realtà scendeva le scale con un piede scalzo e la ciabatta che... spazzava i gradini.
Poi incominciavamo a scartare i miei regali. Decidevano loro come e in che ordine, se ripiegare la carta per un eventuale successivo utilizzo o meno.
Quando ritornavo a casa, la sporta era indubbiamente più leggera, non per la carta che restava lì, ma perché qualche regalo passava di proprietà o perché stabilivano che a me non serviva o cosucce diverse. Ovviamente mio padre e mia madre erano i loro alleati migliori. Un po’ meno i loro genitori, contrari a troppi regali, ma era Natale!
La mia vita è mutata di nuovo e i doni natalizi li apro da sola. Sono molto meno; sono cambiate, e purtroppo diminuite, le persone che mi stanno intorno, ma nel Natale di oggi è rimasta l’abitudine di aprire, in pigiama e seduta sul pavimento, i regali che ricevo. Raramente conservo la carta, ma i bigliettini allegati sì. E lì, con i canti natalizi in sottofondo e interrotta solo dal telefono per gli auguri di rito, è come se avessi accanto tutti quelli che mi hanno amato, in particolare le mie nipoti bambine, la loro allegria contagiosa, il loro vantarsi di avere una zia magica... La magia erano quei momenti, era quel mio mondo antico che non andava di fretta, era la famiglia, dove le spaccature generazionali non erano ancora troppo evidenti...

Fosca Andraghetti

del Gruppo ForteMente

6 dicembre 2022

I MIEI RICORDI DI NATALE

 

Dei Natali scorsi, quando ero piccola, ricordo che si riuniva tutta la famiglia: nonni, zii e cugini. Si metteva le calze appese al camino e i nostri genitori le riempivano con aranci, caramelli .... poi si aspettava che arrivassero gli zii e i nonni per i doni ... e arrivavano sempre fichi secchi, noci e qualche caramella. A mezzogiorno ci si metteva a tavola per il pranzo ... e c'era la "letterina" sotto il piatto di mio padre e non si vedeva l'ora che lui la leggesse !!! Nella letterina, che mettevo sotto al piatto, promettevo di essere buona e tante altre promesse. Al pomeriggio si giocava a tombola e per premio si vincevano delle noccioline.

Bruna

del Gruppo ForteMente

 

 

la cosa bella di questa poesia è che non compare mai la parola CASA. eppure tutto fa pensare al senso di sicurezza, protezione, calore, affetto, pace della propria casa

Natale: paese che vai usanze....

Simbolicamente si indica come data della fine della guerra il 25 aprile 1945, ma dovetti attendere il Natale del 1946 per festeggiarlo assieme ai miei genitori e mia sorella a Bologna in una casa che non conoscevo. I battenti delle finestre erano tornati ad avere i vetri, via Mitelli, in terra battuta, era stata liberata dalla macerie e il negozio del signor Parma aveva rialzato la saracinesca a tempo intero e, pur avendo una superficie di una trentina di metri quadrati , entrare da lui era come andare in un supermercato perché vendeva di tutto, ma ancora non c'era di tutto.

La mamma, pur mantenendo tutte le sue tradizioni venete, era molto tentata da quelle culinarie della città che ci aveva accolto e volle anche lei fare il panone da affiancare al Pandoro e i tortellini in sostituzione delle tagliatelline perché quel primo Natale a Bologna, dopo anni di guerra, richiedeva di essere degnamente festeggiato.

I primi giorni di dicembre furono riservati per fare i panoni e la mia mamma, che voleva fare le cose per bene, chiese a tutte le abitanti del caseggiato la ricetta, poi si mise a confrontarle togliendo o aggiungendo ingredienti secondo il suo estro e soprattutto tenendo presente a tutto ciò che si poteva recuperare in campagna dalla nonna. Per mandorle, noci e fichi secchi, non c'erano problemi e vennero messi in abbondanza così come per la farina di castagne che ci procurò una persona di Vergato che , durante la ritirata dal fronte era rimasta nascosta in casa della nonna per diverso tempo. I canditi li comprò dal signor Parma, ma in quantità ridotta. Naturalmente il suo panone risultò, a suo dire, il migliore di tutti, anche se assaggi e confronti fino a Natale non se ne potevano fare.

Per il ripieno dei tortellini le ricette prese in considerazioni furono tre, quella della signora Matteuzzi, quella della nonna Rinaldi e infine quella delle sorelle Comellini. La mamma da ognuna prese qualcosa e creò la sua ricetta che naturalmente  era migliore di tutte le altre, ma per averne la certezza, occorreva aspettare il giorno di Natale . Fu un Natale speciale e non per il buon cibo, ma perché il babbo non era in servizio ed eravamo tutti e quattro assieme nella nostra casa a Bologna. Io l'avevo lasciata quando ero piccolissima, ne avevo sempre sentito parlare, ma non la potevo ricordare e ora stavo imparando a conoscerla. Non c'erano più i lumini e le candele, bastava premere su di un pulsante e tutto s'illuminava, non si andava al pozzo a prendere l'acqua bastava girare una farfallina e l'acqua scrosciava a volontà e poi c'era un locale chiamato con un nome strano" bagno" al posto del gabbiotto attaccato alla porcilaia che mi terrorizzava. Il Natale del 1946 nella casa di Bologna è tra i miei ricordi più belli.

Mariella

Bologna, i Presepi e il mio Presepe

 

Anche Bologna, come la rinomata Napoli e la meno conosciuta Genova, vanta una tradizione antichissima sulla costruzione dei Presepi . Addirittura il più antico del mondo sembra essere quello che si trova nella basilica di Santo Stefano.

A differenza di quelli napoletani, che hanno le statuine in legno e poi vestite di stoffa, i Presepi bolognesi sono fatti con materiali diversi come terra creta, cartapesta, legno, gesso... che vengono sagomati dagli artigiani e poi dipinti. Un'altra particolare caratteristica  dei Presepi bolognesi sono due statuine: la prima è la donna che, davanti alla grotta fa le meraviglie per la prodigiosa nascita, la seconda è il dormiglione, solitamente un pastore che, ignaro di ciò che gli sta  succedendo attorno a lui, dorme tranquillo. Tanti sono a Bologna i luoghi dove è possibile ammirare un bel Presepe , ma non è di questi che  voglio parlare.

A partire dal 1954 l’allora cardinale di Bologna, Giacomo Lercaro, per divulgare il tradizionale Presepe istituì una gara diocesana: “Il Presepio nelle famiglie e nelle collettività”. Ma di questo io non sapevo nulla.

Negli anni sessanta, quando insegnavo nella scuola Materna Marconi, ai miei alunni avevo fatto fare, con dei sassi una tartarughina fermacarte da regalare al babbo per la sua festa ed era veramente graziosa. Di sassi ne avevo raccolti tanti e ancora ne stavo raccogliendo quando un giorno dissi alla mia collega.

“Perché non proviamo a fare un presepe con le statuine fatte dai bambini usando i sassi?”

Lei mi guardò inorridita rispondendomi: “ Cosa ti salta in mente ? Non si può, è irriverente!”

“Ai bambini è piaciuto tanto fare le tartarughe, intanto provo a far fare le pecorine, poi vedremo.” Le dissi decisa a portare avanti quel lavoro che i bambini trovavano divertente. Nacquero così tante pecore, grandi, piccole, sedute, tutte con le orecchie abbassate e la coda corta ...Ormai di pecore ne avevamo parecchie e passammo a fare i pastori, facemmo anche quello sdraiato che dormiva e la donna che a, braccia aperte, si meravigliava; poi cominciammo a dipingere le strane statuine. Un laboratorio sempre più attivo , ogni bambino aveva almeno una o più pecore e un pastore da mostrare ai propri genitori che guardavano quel nascente Presepe con una certa perplessità mentre era criticato dalla mia collega,  e che lo disapprovava apertamente. Venne il momento di fare Maria che risultò molto grossa vicino a un filiforme Giuseppe mentre delizioso fu il Bambino Gesù: una testina tonda, due braccia e le manine che sbucavano da un sasso piatto che fungeva da coperta. Poi iniziammo a posare pecore e pastori attorno alla natività e quelle statuine , che quando si guardavano singolarmente erano stralancate, sbilenche a volte anche grottesche, nell'insieme formavano un'umanità dolente e derelitta che  sembrava andasse alla ricerca in un mondo migliore. I bambini erano entusiasti del loro Presepe, pastori e pecore cambiavano posto a piacimento e i genitori guardavano meravigliati e increduli. Nessuno ha mai riso davanti a quel Presepe anzi sembrava desse a ognuno spunti per riflettere e domande da porsi. Una mattina, pochi giorni prima delle vacanze natalizie, un babbo venne con un modulo per iscrivere il nostro Presepe alla 'Gara Diocesana.' A me non sembrava corretto far perdere tempo alla giuria, oltre alle scuole di ogni ordine e grado, partecipavano alla gara caserme di carabinieri e pompieri, convitti, parrocchie, ospedali...ma l'iscrizione partì ugualmente malgrado i miei dubbi.

A gennaio, dalla diocesi, la mia scuola fu invitata ad andare a ritirare, in forma solenne e dalle mani del cardinale Lercaro, il premio per il più bel Presepe della diocesi. Incredibilmente il Presepe di sassi dei miei bambini e mio aveva vinto il primo premio: la Stella Cometa d'oro.

Mariella

Renata non è l'unica signora che anticipa il clima natalizio, molti nostri assistiti in E-care già a fine novembre addobbano la propria abitazione e iniziano a preparare pasta fresca tipica del Pranzo di Natale! 

Cara Mariella grazie: riporterò il tuo racconto al mio bimbo che adora tutte le mattine aprire una finestrella del suo calendario dell'Avvento!

Cara Desdemona il tuo racconto è bellissimo e pieno di nostalgia per gli anni passati, poveri di beni materiali, ma ricchi di principi e sentimenti profondi.

I cioccolatini di zio Giacomo

Lo zio Giacomo, sopranominato Giache, era il fratello maggiore del babbo e, giovanissimo, era espatriato in Lussemburgo in cerca di lavoro come carpentiere A Est Alzette aveva anche trovato l'amore e si era sposato, ma non aveva figli. I due fratelli si scrivevano, ma cosa per me della massima importanza era che, finita la guerra, ogni Natale lo zio mandava un pacco con dentro cioccolatini ripieni di marmellattine e dolciumi vari.

Io sono sempre stata molto golosa e quell'anno, verso la fine di novembre, cominciai a chiedere alla mamma se il pacchetto dello zio  Giache fosse arrivato, ma la risposta era sempre:

“ Non è ancora arrivato niente!” In fatto di dolciumi possedevo un sesto senso e così un giorno, convinta che la scatola fosse arrivata cominciai a cercarla. Non ci misi molto tempo a trovarla, ancora di meno ad aprirla e a mangiare qualche cioccolatino impiegai un attimo. Ogni giorno, quando tornavo da scuola, mi informavo sempre se la scatola fosse arrivata e la risposta della mamma era sempre la stessa: “Ancora niente”. I giorni passavano, cioccolatini e dolciumi vari calavano fino a quando la scatola non fu completamente svuotata.

Avevo quasi undici anni e un problema serio da risolvere: fare sparire quella scatola vuota. Approfittai di un momento in cui ero sola in casa, ridussi la scatola in pezzi di cartoni e li infilai nella cartella. L'indomani, andando a scuola , li avrei fatti sparire; non fu tanto difficile poi appena tornai a casa ridomandai alla mamma se fosse arrivata la scatola e naturalmente ebbi la solita risposta. Questa manfrina andò avanti fino a sotto Natale quando la mamma decise che era venuto il momento di far arrivare la scatola. Naturalmente dove l'aveva nascosta c'era il vuoto assoluto.

“ Dove hai messo la scatola dello zio Giache ?” Mi chiese appena entrata in casa.

“ Allora finalmente è arrivata !” Gridai io cominciando a cercare ciò che sapevo non esserci.

Insomma la scatola era sparita, la mia ostinazione a negare di averla vista  era granitica, mia sorella, ormai ventenne, continuava a ripetere che non ne sapeva nulla e il babbo cominciò a chiedere alla mamma:

“Forse l'hai nascosta e adesso non ti ricordi più dov'è ...” La mamma, poco convinta e guardandomi con occhi di traverso , si mise a cercarla poi si rassegnò e smise. Naturalmente la colpa cadde su di me, ma c'erano solo prove indiziarie, e poi le feste ormai erano passate e così il processo, come succede adesso, andò in prescrizione e io la scampai!

Mariella

Poesie di Natale

Sono tante le poesie di Natale che nel corso della mia lunga vita ho imparato o solamente letto, ma ce n'è una che non ho mai dimenticato.

L'ho imparata quando frequentavo la prima elementare alla scuola che prendeva il nome dalla località dove era ubicata: Casotti. Era una pluriclasse lontano dalla corte in cui abitavo da sfollata e che raccoglieva tutti i bambini della zona dentro a uno stanzone scaldato da una stufa di terracotta rossa, ma la legna dovevamo raccoglierla noi strada facendo.

E' stata la prima poesia che ho recitato mimandola a casa della nonna, in piedi su una sedia attorno al tavolone dove erano riunite tre famiglie: quella che abitava quella casa, poi la famiglia dello zio Bruno e la mia perché lì eravamo sfollati.

Il presepe

Maria lavava

Giuseppe stendeva

suo figlio piangeva

dal freddo che aveva.

“ Sta zitto mio figlio

che adesso ti piglio.

Del latte t'ho dato

il fuoco non c'è.”

La neve sui monti

scendeva dal cielo.

Maria col suo velo

copriva Gesù.

Canto popolare.

Mariella

Letterina di Natale. n10

A Bologna ho imparato che la letterina di Natale non poteva mancare e così, in terza elementare, la scrissi per la prima volta anch'io. La cosa più bella fu però scegliere dalla cartolaia quella che io ritenevo la più speciale e non fu semplice. In tutte c'era la natività decorata con oro e lustrini , le guardavo stese sul ripiano della vetrina, ma non sapevo decidermi e intanto i giorni passavano e arrivò il giorno in cui dovevo portarla a scuola. In gran segreto, perché i genitori non dovevano saperlo, finalmente, acquistai la mia prima letterina e il giorno convenuto, la misi ben stesa sul banco come tutte le mie compagne. Su ciò che dovevamo scrivere non c'erano problemi, ne avevamo parlato e perfino fatto la malacopia. La mia era indirizzata “Ai miei cari genitori” continuava chiedendo perdono per tutte le disubbidienze fatte e terminava con la promessa, assieme all'aiuto di Gesù Bambino, di essere sempre buona e brava. In realtà i problemi erano altri , dovevo stare attenta a mettere le consonanti doppie a tutte le parole che però pronunciavo senza e per fortuna non ce ne erano molte, ma soprattutto non dovevo arricchire la letterina con quelle macchie che facevano inorridire la maestra Mingarelli. A me le macchie non parevano così brutte, a volte le gocce d'inchiostro cadendo dal pennino si frantumavano in mille schizzi veramente belli e che rallegravano la pagina , però alla maestra non piacevano proprio. Le mie compagne erano tutte più brave di me, forse avevano una cannetta e un pennino particolare perché non lasciavano cadere gocce d'inchiostro. Di pennini ne avevo cambiati tanti, ma le macchie continuavano a fiorire..............................
La prima letterina la scrissi con la carta assorbente che proteggeva parte del foglio e con la maestra di fianco che, al posto mio , intingeva la penna nel calamaio, la sgocciolava per bene e poi me la dava affinché io scrivessi. Forse era quello in segreto molta, ma molta pazienza nello sgocciolare il pennino, cosa che evidentemente io non possedevo. La mia prima letterina risultò senza neppure una macchia, un capolavoro a detta della maestra e così era pronta per essere nascosta sotto il piatto del babbo perché allora era lui il capo famiglia.

Mariella

Donare: Natale oggi

Vicino a casa mia c'è una struttura che accoglie gli anziani e Francesca, la psicologa che in essa lavora, quest'anno, ha avuto una bellissima idea. Ha intervistato le signore anziane e sole che lì alloggiano chiedendo quale regalo desiderassero ricevere per Natale, poi le ha scritte e inviate al gruppo di volontari dove anch'io sono inserita cercando di dare una mano. Sono richieste legate a momenti belli vissuti e che si vorrebbero rivivere o solo ricordare. Così è partita la ricerca di questi regali che verranno consegnati alle signore per Natale. L'idea era quella di portarli singolarmente a ciascuna di loro e conoscere così la destinataria, ma i tanti casi di influenza richiede una certa cautela e gli incontri per ora sono rimandati. In questo Natale dove gli argomenti sono : guerra, caro bollette, aumento dei prezzi....cercare piccoli doni come un braccialettino di perline, un libro giallo, un maglione scintillante o il profumo 'Violette di Parma'...e poi incartarlo con carta natalizia, infiocchettarlo, scrivere il bigliettino con gli auguri a una persona sconosciuta mi sta facendo rivivere cosa sia veramente lo spirito del Natale che avevo dimenticato.

Mariella

 

La mia vigilia di Natale..............

Nella mia infanzia la vigilia di Natale era un giorno particolare che seguiva tradizioni e regole dettate da mia madre che non si potevano né ignorare né cambiare: ogni cosa andava fatta in un dato modo e in un determinato momento della giornata.La mattina era dedicata al brodo; sulla stufa veniva messa la pentolona smaltata arancione con dentro dell'acqua poi, dalla terrazza, il frigorifero di allora, si recuperava la gallina proveniente da Verona 'sa studià' che significa perfettamente priva di interiora. Assieme agli odori era lei a finire nella pentola per prima. Doppione, tagliolino e lingua, comprati dal macellaio Evangelisti , entravano nella pentola in momenti tassativamente diversi mentre l' osso con il midollo sarebbe servito per fare la pearà una salsa veneta. A questo punto la pentola arancione diventava un'osservata speciale perché c'era la schiuma da togliere altrimenti erano guai.

Mi sono scordata di dire che in casa mia la vigilia non solo era giorno ' di magro', ma occorreva osservare 'il digiuno' . Non so perché, ma sia nella casa della nonna a Verona, sia a Bologna il giorno della vigilia , come quello delle 'Ceneri', bisognava consumare due pasti molto parchi cosa che la Chiesa non ha mai decretato ed era importantissimo non romperlo. Cosa potesse rompere il digiuno era una cosa astrusa per me , comunque avevo capito che anche una briciola di pane poteva romperlo. Il pomeriggio invece era dedicato a fare il ripieno dei tortellini e non assaggiarlo , man mano che si faceva era proprio difficile, ma c'era il digiuno da rispettare.

In quel giorno la cena veniva anticipata perché dopo ci fosse tutto il tempo per fare i tortellini ,un'operazione in cui tutta la famiglia era impegnata. Mia sorella aveva due compiti: tagliare dei perfetti quadrati e poi chiudere i tortellini, il babbo, quando non era in viaggio, aveva quello di mettere il ripieno e la mamma brontolava spesso perché ne metteva troppo ed era costretta a toglierne un po' così tre potenziali tortellini diventavano quattro. Il mio compito era quello di mettere i tortellini su di un vassoio e poi portarli in camera da letto e stenderli sul ripiano del comò ricoperto da un canovaccio. Dovevo fare delle file di venti tortellini con la testina rivolta sempre dalla stessa parte, ed era un lavoro che sapevo eseguire bene guadagnandomi molti: “ Brava!”

Rimaneva giusto il tempo per prepararsi e andare alla Messa di mezzanotte. Io avrei indossato volentieri il cappotto sopra al vestito che portavo in casa, ma la mamma mi diceva risoluta: “Vatti a cambiare è questione di rispetto verso il Signore!” e così avevo la conferma che il Signore vedeva proprio tutto anche quello che c'era sotto al cappotto.

Mariella

Il giorno di Natale dell'infanzia

Il giorno di Natale per me iniziava appena finita la Messa di mezzanotte. Avevo una gran fretta di correre a casa perché avevo da compiere un'importante e difficile funzione. Dal cassetto mia sorella prendeva Gesù Bambino che aveva in testa una corona dorata con tanti raggi e dopo infiniti “ Stai attenta...Non farlo cadere...E' di terra cotta si può rompere...” con un gesto ampio , che aveva un che di solenne me lo metteva tra le mani che tenevo unite a formare una conca. Io davanti, e mia sorella dietro, dovevo andare a riporlo nella grotta dopo però essere passata di stanza in stanza; inizialmente pensavo perché Gesù Bambino potesse conoscere tutta la mia casa poi capii che era perché benedicesse ogni luogo. Solo quando Gesù bambino era nella grotta la mamma tagliava a fette il Pandoro Melegatti e il suo panone mentre il babbo apriva una bottiglia di pregiato vino veneto: un Recioto d'annata . Era quello il momento in cui finalmente si valutava il panone confrontandolo con il ricordo di quello dell'anno precedente, più che discutere si mangiava tenendo per buone le osservazioni positive della mamma. Se invece, ma raramente, la mamma diceva. “ Era più buono quello dell'anno scorso” il babbo era pronto a rassicurarla dicendo che era migliore quello che stava mangiando e così in casa mia ogni anno il panone più buono era quello che si stava mangiando e dopo il digiuno osservato era facile crederci..

Non c'erano doni da scambiarci , a parte la scatola dello zio Giache e neppure le luci dell'albero di Natale era una giornata speciale in cui si ricordava la nascita di Gesù. Il pranzo aveva un' importanza diversa: la tovaglia era quella di fiandra con ricamate le cifre iniziali della mamma, si usavano i piatti di porcellana, i bicchieri a calice e i cibi erano abbondanti e ricercati. I tortellini avevano spodestato le tagliatelline , resisteva indiscussa la pearà affiancata da una salsa a base di prezzemolo, capperi, conserva e aceto ricetta della nonna Rinaldi. Durante il pranzo c'era anche il momento da me tanto atteso: il momento in cui , da sotto il piatto, sarebbe sbucata la letterina che io avevo scritto. C'era la meraviglia del babbo , il suo mettersi gli occhiali per leggerla e poi rileggerla ad alta voce e la mamma si commuoveva sempre e io mi sentivo importante e sicura di poter mantenere gli impegni presi. Il pomeriggio era il momento di andare a visitare i Presepi e da via Mitelli si raggiungeva a piedi il centro fermandoci in ogni chiesa.

Ora che l'infanzia è tanto lontana ci tengo ogni anno ad andare a visitare il Presepe di via Azzurra, vale la pena di vederlo perché è bellissimo.

Mariella

Un Natale che non dimenticherò

Io Rolanda ho novant'ani compiuti e aspettando il Natale che sta arrivando, mi viene alla mente un Natale particolare. A quel tempo avevo cinque anni e mezzo e vivevo nella Svizzera Tedesca, essendo nata in quel paese, e anche mia mamma era svizzera ma mio padre era bolognese. Là si trovava come emigrante per ragioni di lavoro. Ebbene io ricordo quel Natale molto chiaramente, a quei tempi in Svizzera c'era l'usanza che alla Vigilia sera i bambini dovevano andare a letto presto perché arrivava Babbo Natale in persona a portare i doni.

Ebbene quella Vigilia di Natale come di consueto ero già a letto trepidante per l'attesa e a un bel momento si sente bussare alla porta in modo molto energico, allora io avevo poco più di cinque anni, un'età molto impressionabile, e vedo avvicinarsi al mio letto Papà Natale, una persona molto imponente e mi chiede se sono stata buona e brava durante l'anno, la sua voce era grossa e burbera e io tutta intimidita rispondo di sì, ma con un filo di voce. La mia mamma conferma il mio sì, in quel momento Papà Natale mi consegna la mia prima e unica bambola e anche mi consegna una carrozzina di vimini corredata di cuscino , materassino e lenzuolo a fiorellini rosa e azzurri. La bambola era vestita con un vestito di lana rossa, cuffia rossa e bianca, il tutto fatto a maglia e sotto il vestitino mutandine e camicia. Il vestito c'è ancora e pure le calze e le scarpe, la cuffia purtroppo no, forse si è persa. Immediatamente ho chiamato la bambola "Liseli" Tutto questo fatto dalle mani sartoriali della mia mamma. Quel Natale per me sarà indimenticabile finchè vivrò. Dopo di allora i miei Natali saranno molto più poveri un poco di frutta secca e basta. Infatti l'anno dopo ero già in Italia. Poco dopo scoppierà la Seconda Guerra Mondiale. Qui in Italia c'era tanta miseria, gli operai se la passavano male, in Svizzera erano pagati meglio.

Rolanda

vestito fatto a maglia rosso con calze bianche e scarpe rosse sempre di maglia

Rolanda ci emoziona sempre tanto e appena possibile le farò i miei complimenti anche per questo articolo. Il vestito della sua Liseli si è conservato benissimo ed è ancora molto bello! Brava Rolanda!