Una giornata particolare

Buongiorno a tutti !

Eccoci qui per continuare a scrivere insieme e condividere alcuni racconti della nostra vita. Perchè scrivere fa bene .... e se volete conoscere i benefici vi rimandiamo all'articolo presente nel Blog scritto da Susanna.

Con questo post vogliamo proporvi di raccontarci una giornata particolare della vostra vita, una giornata che non dimenticherete mai  .....

Quando è iniziata la seconda guerra mondiale e richiamavano gli uomini per mandarli al fronte, per mio padre la destinazione era la Russia. Visto che lui lavorava in una ditta di autotrasporti, che trasportavano benzina o gasolio con le autobotti, disse al suo titolare che doveva partire per la Russia: Il titolare, visto che aveva delle autobotti in Africa, lo mandò là. Purtroppo quando arrivò in Africa lo fecero prigioniero i francesi, e noi non abbiamo avuto più notizie.
Io di preciso non mi ricordo, ma passò tanto tempo ...e una domenica pomeriggio, mentre ritornavo a casa dopo essere andata al cinema, incontrai un uomo, magrissimo, che mi chiese come stavo. Io gli girai le spalle e me ne andai, lui mi richiamò e mi chiese se non lo conoscevo. Io risposi di no e lui, piangendo, mi disse:”Sono tuo padre”. Guardandolo bene capii che lui era veramente mio padre.
Questa, per me, è una giornata che ricorderò sempre anche se sono passati tanti anni.

 

Il giorno di Natale del 1943 mia madre stava cuocendo il brodo sulla stufa a legna, quando a un certo punto si spalanca la porta ed entrano sei tedeschi con i fucili. Dicono che loro tornano dal fronte, hanno freddo e fame. Mia madre deve smontare la stufa, perché la vogliono loro, e oltre alla stufa si portano via anche il brodo….e noi siamo rimasti senza stufa e quello che c’era.
Sembra una barzelletta , ma è una storia vera!! E anche questa, per me, è una giornata particolare.
 

Bruna

Ogni anno, la prima domenica di agosto, gli iscritti al DLF ( dopolavoro ferroviario) si trovavano al sasseto per passare una giornata in campagna. Il Sasseto è un piccolo rifugio sotto le pendici del Corno alle Scale di proprietà del DLF. In quella occasione il rifugio si apriva per ospitare noi e i cuochi che preparavano la polenta con la salsiccia. Era una giornata memorabile che aspettavamo dall’anno precedente. Col treno si arrivava a Porretta, poi con il bus fino ai piedi del Corno e poi, via a piedi verso il Sasseto. La salita si faceva di buon passo perché lassù c’era il sacerdote che ci aspettava per celebrare la messa; un tavolaccio faceva d’Altare e i prati da scranni. Era bello ascoltare la messa tra le cime delle montagne e il cielo che faceva da cupola. Sono state quelle le Messe che ho ascoltato con più devozione. Era una Messa anche appetitosa, accompagnata dal profumo della salsiccia che sfrigolava. Poi tutti, in ordinata fila, per aver il sospirato pranzo che si consumava seduti sul pratone in festosa compagnia. Un anno soffiava un forte vento che fece volar via le salsicce dal piatto e noi le rincorrevamo giù per il sentiero: quante risate!!! C’erano i ragazzi del Coro di Porretta che intonavano canzoni e noi si cantava con loro a squarciagola. Mio marito raccontava le zirudelle che erano ascoltate in devoto silenzio per poi scoppiare in fragorose risate. Che bella giornata!! poi si tornava di buon passo verso la corriera e lungo il sentiero raccoglievamo i neri mirtilli che ci coloravano le mani e la bocca di blu.
Sul treno continuavamo a ridere, c’era rimasta addosso l’allegria di quella giornata speciale!
 

Teresa

Mi ricordo soprattutto il giorno della laurea di mio nipote perché e stata una cosa fuori dal comune, bellissima, mi è piaciuto tantissimo.
C’erano tutti gli amici di mio nipote Samuele, che ha 26 anni.
Si è laureato in...non ricordo come si chiama, quelli che studiano i papiri, è la sua passione quella lì!
Si è laureato con centodieci, il massimo. Poi abbiamo fatto la festa.
A me è piaciuto molto quando ha parlato il Rettore, dopo ha chiamato  tutti i ragazzi uno alla volta. Era commovente e i ragazzi erano tutti belli, tutti vestiti in blu.
Questa è una giornata che mi è rimasta impressa

 

Carla
 

Una giornata particolare...anzi 2

Un sabato di qualche anno fa, tornando da San Lazzaro dove avevo comperato qualcosa al mercato, sul ponte di legno del fiume Savena all’altezza del parco dei Cedri due persone discutevano piuttosto animatamente: un signore anziano ed un ragazzotto che occupava una baracca sulla sponda del fiume e che avevo visto altre volte. Mi resi conto che la discussione stava degenerando e ben presto i due sarebbero passati ai fatti. Il ragazzotto era robusto e per l’anziano si prospettava una situazione molto pericolosa. Allora mi feci coraggio, simulai di essere amico dell’anziano e lo esortai ad accompagnarmi verso casa. Il ragazzotto mi disse: ”Si è meglio, portalo via, altrimenti lo picchio forte”. Mi informai cosa fosse accaduto per trovarsi in quella situazione, mi rispose che aveva detto qualcosa di innocente forse a proposito della baracca, ma l’altro si era arrabbiato. Ma poi, riconosciuto che l’avevo salvato, facemmo qualche centinaio di metri assieme e ci salutammo felici e contenti.

2° giornata
Quando sono andato in pensione nel 2009, ho incominciato a fare diverse attività di volontariato. Volevo rendermi utile dove ce ne fosse bisogno: all’Eremo di Ronzano, in parrocchia, ad andare a ritirare la frutta e la verdura da distribuire alle persone bisognose specialmente extra comunitarie, a portare a spasso un signore su una sedia a rotelle. Il Quartiere Savena mi chiamò per occuparmi di un ragazzo delle elementari tunisino : dovevo andare di primo pomeriggio alle scuole Sanzio, di via Abba, ed occuparmene per un paio d’ore perché la madre, separata dal marito, andava a scuola per imparare l’italiano per prendere la licenza di scuola media. Aveva una sorella, con la quale però non andava molto d’accordo; quindi insieme ci recavamo ad un vicino parco per giocare a pallone. Un giorno, però, aspettai invano che uscisse dalla scuola; preoccupato entrai per cercarlo, prima nella sua aula e poi in palestra...ma niente. Un signore aveva fatto il mio stesso percorso, ma non ci feci caso. La responsabilità mi indusse a cercare ancora e, da un’altra aula, uscì insieme alla madre ed alla sorella. Li accompagnai nella vicina abitazione certo che per quel giorno fossi libero, ma la madre mi disse di portarlo ugualmente a giocare e di stare attenti al padre e di correre a casa qualora l’avessimo incontrato. Quando fui solo con il ragazzino  chiesi spiegazioni e mi rispose che suo padre voleva portarlo in Tunisia con la forza, ma lui non voleva. ...  2+2 fa 4…,mi resi conto che probabilmente il signore che a scuola fece il mio stesso percorso potesse essere suo padre. Telefonai in  Quartiere per raccontare la cosa, mi risposero che non risultava niente del genere, che a giorni avevano un appuntamento col padre, ma di interrompere per un po’ l’attività. Era novembre o dicembre, ma non seppi più niente fino al settembre successivo quando mi chiamarono per occuparmi di un ragazzo Cossovaro e...dissero che riguardo al ragazzo tunisino, avevo avuto ragione io a proposito del padre.
Ora vorrei dire che tutte queste attività di volontariato si soni rivelate le cose più difficili che abbia fatto.

Gianni

Mi ricordo...quando sono andata a Parigi in viaggio di nozze. Eravamo io e mio marito e abbiamo visto tutto quello che c’era di bello.
Siccome io alla scuola media avevo studiato il francese, allora potevo parlare...be, parlare….capivo quello che mi dicevano! Io capivo un po’, mio marito aveva studiato il tedesco ( in quegli anni si insegnava), anche perchè il francese è più facile da capire per un italiano  
Era tutto molto bello, mi è piaciuto moltissimo.
Ho visto anche la torre Eiffel… abbiamo visto tanti monumenti.
Siamo andati in treno, poi abbiamo fatto dei giri in macchina, presa a noleggio, per visitare dei posti. Anche il mangiare era buono.
Certo che mi piacerebbe rifarlo!!!

Romana

Una domenica particolare

La mia famiglie era di origini venete, profondamente religiosa e pertanto la domenica era il giorno in cui la mattina si andava tutti a Messa , a mezzogiorno si mangiava tagliatelline in brodo con lesso e 'pearà' e al pomeriggio si andava alle 'Funzioni' il tutto con gli abiti della festa.

Le mie prime esperienze religiose sono avvenute in Veneto dove le regole e i comportamenti erano molto diversi da quelli che poi avrei conosciuto a Bologna.

La chiesa di San Piero, che al suo interno presentava lunghi drappi di colore giallo e rossi che si alternavano, sembrava divisa in due parti e lo spartiacque lo dava il pulpito. La parte più vicina all'altare era destinata agli uomini, perpendicolari al pulpito tre file di panche senza inginocchiatoio per i bambini e la parte più vicina all'ingresso era destinata alle donne. Per entrare in chiesa le donne dovevano indossare abiti con le maniche lunghe , calze che coprissero le ginocchia e velo in testa. Durante la Messa il sacrestano , soprannominato Nane Opela, passava due volte a fare la questua, la prima per la chiesa e la seconda per lui. Girava di panca in panca tenendo tra le mani un lungo bastone che terminava con un sacchettino di velluto rosso. A me pareva che quando girava zoppicando per raccogliere l'obolo per lui facesse più volte tintinnare le monetine e si fermasse più a lungo tra i banchi.

Quando, finita la guerra ritornai in Veneto per trascorrere le vacanze estive mi successe un episodio particolare.

Era estate, la mamma sapeva benissimo che per entrare in chiesa occorreva un abbigliamento adeguato, ma lei, ormai cittadina mi mandò a Messa con un vestitino nuovo di zecca azzurro, con le maniche a palloncino e senza sottomaniche come voleva la prassi, in più con i calzettini corti e le scarpe alla bebè. Ero molto carina ed elegante, ma il solo velo in testa non sarebbe stato sufficiente. Tutto andò che era una meraviglia fino a quando don Vischi , il parroco fedele alle tradizioni e intransigente non scese dall'altare per salire sul pulpito per fare l'omelia. Come era solito fare col suo sguardo perforante fece un rapido giro per contare quanti suoi parrocchiani avessero disertato la Messa poi , come era facile prevedere, i suoi occhi si fermarono su di me. La sua espressione da indagatrici si fece subito stralunata e nel silenzio generale tuonò:

“ E ti Santi va subito fora!” Sapevo benissimo che quell'ordine perentorio era rivolto a me, ma facendomi forza della consapevolezza che il mio cognome non era quello non mi mossi. Don Vischi tra lo stizzito e l'offeso scese da pulpito, mi si parò davanti e puntandomi il dito contro ripeté:

“Fora!”. Per motivare la mia insubordinazione trovai il coraggio di precisare:

“Non son mia na Santi mi son na Fenzi!” Ma non ci fu nulla da fare, don Vischi mi prese per un braccio, mi accompagnò al centro della chiesa e indicandomi la porta:

“ Eto capio , e dighelo a to mare...!”

In silenzio, tra due ali di donne che mi squadravano da capo a piedi con occhi biasimevoli, mi avviai verso la porta e, senza che me ne rendessi conto, feci la mia prima e unica passerella.

Fuori c'era il cielo limpido, non si stava per niente male, soprattutto quando mi raggiunse Rina con la sorellina Carla perché era lei che aveva il compito di sorvegliarmi.

Mariella

L’arrivo di Francesca dall'orfanotrofio di Sofia in Bulgaria, rimarrà nella mia mente un ricordo indelebile.
Dopo aver fatto tanti preparativi: un bel lettino, una accogliente cameretta, il seggiolone, il passeggino, è arrivata la tanto attesa giornata. Con mio marito ci siamo recati per tempo in aeroporto pieni di ansia e di gioia. Dopo l’arrivo dell’aereo sono stati scaricati i bagagli. Con un sospiro di sollievo abbiamo riconosciuto le valige.
Poi sono usciti i passeggeri, tra i quali anche il nostro medico di famiglia. Francesca e mia figlia non c’erano. Trattenevamo a stento le lacrime fra la delusione mista alla paura che fosse accaduto qualcosa. Ci rassicurarono dicendo che probabilmente sarebbe arrivata con il volo successivo. Dopo due ore arrivarono Francesca, AnnaMaria  mia figlia e Lorenzo mio genero. La piccolina era uno scriccioletto che subito capì da che parte doveva stare e chi era il Capo Banda, perché allungò le braccine a mio marito.
Appena mi individuò tese le manine anche a me che in mano avevo un succo di frutta. Da quel momento io sono rimasta “quella che vuole dare da mangiare e da bere” a tutti.
Da quella fatidica giornata abbiamo iniziato con Francesca un percorso fatto di tanto amore, lotte, sacrifici e cure. La piccolina aveva tanti problemi, fra questi una terribile stomatite che non le permetteva di nutrirsi se non con il biberon perché la bocca era tutta piagata. In seguito abbiamo tutti sofferto per le sue terribili crisi epilettiche causate da un ematoma alla testa dovuto a non si sa quale incidente in orfanotrofio.
Francesca e io ci vogliamo tanto bene che siamo diventate “una cooperativa di mutuo soccorso”, viviamo insieme. Spero che Francesca trovi la sua strada, un buon lavoro che le consenta di vivere serena nella mia casa.
Dopo posso andare via in pace.
 

Mirella

Qualche giorno fa ho letto di una mamma che, mentre allattava il suo piccolo bambino, si è addormentata e ha soffocato il bimbo.
Sono ritornata con il pensiero a tanti anni fa quando  la mia piccola Laura  aveva circa due anni.
Laura è sempre stata una buona bambina e anche la notte non ci ha tenuti molto svegli. Io ero molto giovane e quando alla sera la portavo a letto, stavamo sempre a scherzare o a raccontare qualche favola, poi lei si metteva il ditino in bocca e si addormentava.  Anche quella sera era andata così. Dopo un po’ di tempo si sente il pianto di un bimbo. Io, mio marito e mia suocera eravamo in cucina e ci chiedevamo chi poteva essere quel bimbo che piangeva già da un po’. Bimbi piccoli come Laura vicini non ne abitavano…, Laura l’avevo lasciata che dormiva e non pensavamo che potesse essere lei; ma, per scrupolo, sono andata in camera a controllare. Era proprio lei che piangeva Ho pensato che, forse, avesse fatto un brutto sogno, ma si era tanto  agitata che era finita in fondo al letto e con le coperte rincalzate ( perché era inverno) non riusciva più a uscire. Quando l’ho scoperta era tutta bagnata di sudore e di pianto. Poverina, chissà quanto si era spaventata mentre io tremante mi sono detta: se non stiamo sempre attenti come si può far presto a perdere un figlio!
Da allora Laura è cresciuta soffrendo di claustrofobia. Non vuole porte chiuse! Quando andava a scuola preferiva fare i compiti in tinello insieme a me invece di stare nella sua stanza.
Alle volte penso a quanta influenza può aver avuto in lei una cosa così!!

Giordana
 

I ricordi del passato sono tanti. I tristi sono la perdita dei miei cari. Gli allegri….il primo fra tutti è la nascita di mia figlia.
Un’altra gioia….. quando sono riuscita ad avere la patente di guida.
Poi quando, assieme a mio marito, abbiamo acquistato l’appartamento dove abito ora. E,con il tempo, arredarlo con i mobili nuovi fatti da mio suocero ( un bravo falegname) . Se una giornata mi prende la nostalgia, mi basta guardare le foto esposte in cucina dei miei cari e penso:”La vita mi ha trattato bene” perché la salute non mi manca, non ho problemi finanziari...Vivo serenamente in compagnia di una cagnolina tranquilla. Mia figlia dimostra in tanti modi l’affetto che prova per me. Viene spesso a fare una chiacchierata, qualche volta usciamo a passeggiare con la cagnolina, oppure a fare delle piccole spese. Mi ritengo una persona fortunata. Nel passato non ho avuto una vita brutta. Sono state più gioie che tristezze!!
 

Lidia

L’anno scorso, a primavera iniziata, decidemmo con mio figlio Paolo (bontà sua!!) di fare una passeggiata in collina dietro casa.
Come meta scegliemmo la rocca di Badolo, luogo che mio figlio frequenta per allenarsi nell’arrampicata sportiva dato che d’estate passa le vacanze in Val di Sole e affronta mete molto più impegnative che richiedono un intenso allenamento   a lui e a suo fratello maggiore. Quando ero più giovane amavo molto la montagna, ma facevo solo lunghe passeggiate. Avevo imparato abbastanza per riuscire a camminare anche un giorno intero insieme ai miei figli e a mio marito. Ora, l’età, mi ha indotto a preferire il caldo e il mare.
Però quel giorno di primavera mi ha ricordato con piacere le mie vecchie avventure in Trentino Alto Adige. Gliene sono stata grata!!

Giovanna

Lunedì della settimana scorsa mio figlio mi telefona e mi dice:” Mamma vai alla finestra se vuoi vedere la neve, perché non dura molto!”.
Allora ho guardato fuori: era bellissima veniva giù forte, era un bello spettacolo! Ma è durato poco, ho appena fatto in tempo….perchè è cominciato a piovere ed è sparito tutto.
Nel pomeriggio è venuto il sole con un cielo azzurro...ed era bellissimo!!
Ed è stata veramente una giornata particolare: NEVE,PIOGGIA E SOLE!!

Ivonne

 

Domenica delle palme a San Girolamo dell'Arcoveggio

Nella domenica delle Palme, durante la Messa  veniva benedetto l'ulivo, ma eravamo noi Beniamine, assieme alle Aspiranti che lo portavamo, di casa in casa, in cambio di una offerta. Partivamo in un gruppo di tre, due portavano la cassetta piena di ramoscelli e una la busta di cartone rigido ricoperta di stoffa damascata per le offerte. In pratica il ramoscello d'ulivo era donato  ma, sotto sotto , chiedevamo anche un aiuto per la chiesa.  Mostrare , anche senza tendere la busta, non è una cosa così semplice, e me lo sono sempre ricordato davanti a una mano tesa. Inoltre bussare a una porta era sempre un'incognita, a volte eravamo bene accette e allora tutto era più semplice, ma alcune volte la porta si apriva e, dopo averci osservato, la porta si chiudeva con un tonfo sordo. Altre volte, prima del tonfo, ci venivano indirizzate espressioni di insofferenza, altre offese. Tanti rifiuti che mi hanno sì umiliato ma mi hanno fatto capire che non tutti abbiamo le stesse idee o lo stesso sentire ed è importante  portare rispetto. Inoltre mi hanno insegnato che non si dovrebbe mai sbattere, qualsiasi porta, in faccia a nessuno.

Mariella

Pellegrinaggio a San Luca.

C'era una giornata che attendevo con particolare entusiasmo ed era il Lunedì dell'Angelo. In quella giornata era diventato un'abitudine andare tutto il giorno in pellegrinaggio al santuario della Madonna di San Luca. L'appuntamento ,di tutte le Beniamine e con la nostra delegata, era in via Corticella, con l'autobus avremmo raggiunto il Meloncello dove si sarebbero radunati tanti parrocchiani. Importante era non smarrire il biglietto perché allora vigeva quello di "andata e  ritorno"  con costo molto ridotto. All'ora stabilita sarebbe iniziato il cammino e, recitando il Rosario, saremmo arrivati al santuario  in tempo giusto per dare l'avvio alla Santa Messa che il nostro parroco avrebbe officiato. Finita la Messa saremmo salite fino ai piedi dell'effige della Madonna. Là un sacerdote del tempio, che teneva tra le mani una pezzuola bianca, prendeva la teca contenente una reliquia e noi uno dopo l'altro passavamo a baciarla. Una strofinata sul vetro con una pezzuola e poi un bacio fino a quando tutte noi non avevamo assolto ai nostri doveri religiosi.

Finalmente iniziava la parte più divertente, la delegata cercava un luogo adatto e noi consumavamo il pasto al sacco che avevamo portato da casa.

Non poteva mancare l'uovo sodo cotto nell'acqua con erbe particolati e pezzi di lana colorata che rendevano il guscio arabescato di accese sfumature e naturalmente il proprio era il più bello. Le parole“ picnic e uova di Pasqua “ erano ancora lontane anni luce. Il condividere e scambiare i vari cibi era un momento magico, pieno di allegria poi era il momento di qualche gioco tranquillo in attesa del rientro, ovvero  la parte più emozionante del pellegrinaggio. Per scendere non avremmo seguito la strada percorsa al mattino, ma saremmo andate giù per i ' Brigoli.' Era questo un sentiero impervio appena tracciato in mezzo al bosco e a tratti così scosceso che se si prendeva la "ruzzola" non ci si sarebbe più fermate. Il divertimento era assicurato come le sbucciature alle ginocchia e i graffi procurati dai rovi sulle braccia. Le cadute rocambolesche si susseguivano , ma nessun piagnisteo solo tante, tante risate, grida gioiose assieme alla certezza che anche l'anno successivo, quel sentiero lo avremmo percorso di nuovo.

Mariella